I virtuosi ungheresi alla conquista del mondo

In scena il noto Takàcs Quartet: da Budapest alle più grandi sale. Eseguono Beethoven e Bartòk

I virtuosi ungheresi alla conquista del mondo

A volte le cose accadono così, quasi per caso. Quattro amici si trovano al bar, decidono di fare musica insieme e quella formazione nata - chissà - forse un po' per gioco, con il tempo diventa una delle realtà più famose al mondo della musica da Camera.

È quel che più o meno è successo a suo tempo al Takács, il super Quartetto che torna al Conservatorio stasera dalle ore 20,30 - nel cartellone della Società del Quartetto - per il penultimo concerto del ciclo che ha preso il via la scorsa stagione e che accosta l'esecuzione di Bartók a Beethoven, dunque un autore del Novecento e una firma del Romanticismo, entrambi penne «forti» a dir poco. Storia dei «quattro moschettieri magiari» che partiti dall'accademia di Budapest nel 1975 hanno conquistato la scena internazionale a colpi di archi; con anche uscite, cambi e sostituzioni. Tanto che della formazione originaria alla fine è rimasto «solo» il violoncellista András Fejér. La cui presenza però, non soltanto ha garantito continuità nelle innovazioni, pure il suono e la qualità raggiunta all'origine.

Quasi inutile ricordare gli elogi della critica che conta, talmente sono stati copiosi per questo complesso. Giusto un esempio per completezza di informazioni: ecco come è visto il Quartetto Takács - in orbita da 44 stagioni - «la sua costanza è un attenzione assoluta al minuscolo dettaglio; non una nota né un crine dell'archetto sono fuori posto», ha scritto il Financial Times dopo il recente concerto alla Wigmore Hall di Londra. E ancora, il loro quartier generale, a un certo punto è cambiato.

Ora con sede a Boulder, all'Universita del Colorado, i musicisti che negli Usa lo abitano - Edward Dusinberre, Harumi Rhodes (violini), Geraldine Walther (viola) e appunto Fejér - eseguono circa ottanta concerti all'anno in tutto il pianeta, quattro recital annuali nella sola Wigmore Hall che ha assegnato loro la «Medaglia», primo quartetto d'archi ad aggiudicarsela. «Live» un po' dappertutto, fissati in alcune delle programmazioni più famose: nella stagione appena trascorsa erano presenti nei Festival internazionali, nelle prestigiose sale europee, molti concerti anche negli Stati Uniti, tra cui due al Lincoln Center di New York e nelle Università di Chicago, Princeton e di Berkeley. Dopo il gran finale di oggi si può sentire altro anche a casa.

Per chi volesse

continuare l'ascolto dopo la serata, si segnala il loro cd più recente, uscito pochissimi mesi or sono, include i quintetti per pianoforte di César Franck e di Shostakovich con allo strumento a tastiere Marc-Andre Hamelin.

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