Lacrime e fiori per il boss ammazzato

La gente piange e lascia biglietti nel luogo in cui è stato ucciso Pasquale Tatone, pregiudicato vittima della faida

Lacrime e fiori per il boss ammazzato

Ci sono boss e boss. E per alcuni si può pure provare pietà anche se vengono freddati all'improvviso, per strada, a colpi di fucile in una guerra di bande. Pasquale Tatone, 54 anni, era il «bello» della famiglia casertana di Casaluce, ma ormai era soprattutto «il capo». Quello con una testa, un cervello per gli affari che contano, un carisma. Quello che se capitava - come assicura una vecchietta con la faccia scura e spettrale, sapeva tirare fuori «le buone maniere». «Per questo merita i miei fiori» sentenzia la nonnina chiudendo le mani ossute a preghiera senza smettere di ostentare lo sguardo lugubre.

Pasquale Tatone era talmente lontano, ormai, dall'immaginare un agguato stile anni '80, che se ne andava in giro tranquillo (ma soprattutto solo e disarmato) a vedere la partita in un bar, come uno qualunque. Incurante del fatto che il cadavere del fratello minore Emanuele detto «Lele il pazzo» e del suo tirapiedi Paolo Simone, freddati a colpi di revolver alla nuca vicino agli orti di Novate domenica mattina, fossero rinchiusi da poco nelle celle dell'istituto di medicina legale, freschi di autopsia. Sicuro che a lui non dovesse capitare nulla del genere, che non c'era niente da temere, che tutto quello che era successo a Lele riguardasse solo lui, qualche «cretinata» combinata con qualche balordo della sua stessa risma che si era arrabbiato e gliela aveva fatta poi pagare con la vita. E mai immaginava di essere lui il prossimo obiettivo.

L'altra sera, al bar Rim di via Pascarella, Pasquale Tatone era un tifoso come tanti davanti allo schermo a godersi Milan-Lazio. Alle 22.40 era già un corpo senza vita, ucciso con dei pallettoni partiti da un fucile (probabilmente a canne mozze) che lo hanno centrato alla testa (due) e all'addome (uno) mentre, nella sua auto parcheggiata davanti al locale, all'angolo tra via Pascarella e via Trilussa, si accingeva ad accendere il motore. I suoi parenti hanno raccontato che, uscendo da casa diretto al Rim, aveva detto «prendo la macchina perché mi devo vedere con una persona». Polizia e carabinieri raccontano che il killer era stato visto girare in scooter, con il capo coperto da un casco integrale scuro, nel quadrilatero di strade tra via Melato, via Pascarella, via Satta e via Vittani.

Sì, Pasquale Tatone è stato fatto fuori «a casa sua». A due passi dall'abitazione di via Lopez dove sua madre, Rosa Famiano detta «Nonna eroina» è ormai ridotta all'ombra della donna temuta che era un tempo dalla malattia e dalla vecchiaia. Ucciso a 200 metri dall'abitazione dove abitava con sua moglie. «Non hanno avuto nemmeno la “cortesia“ che hanno usato a un matto come suo fratello Lele, di farlo fuori in un posto isolato, dove i suoi familiari non lo potessero vedere dilaniato dalle pallottole, gli amici» aggiunge la vecchietta. Concludendo: «Mi sembra di tornare indietro nel tempo».

Eppure la polizia continua a non credere alla guerra tra faide. Che sostenga di non crederci il questore Luigi Savina può far parte del copione: mai e poi mai creare allarmismo. Tuttavia è insolito che non ci credano gli investigatori della squadra mobile guidati da Alessandro Giuliano.

Convinti da domenica che il killer sia un pregiudicato di modesto livello. «Talmente modesto - spiega un poliziotto - che prima ha ucciso una nullità come Emanuele e poi Pasquale. Segno che forse, è andato fuori di testa, non sa quello che fa. E forse vuole farsi prendere».

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