La storia ci insegna che nessuno è insostituibile, neppure il patrimonio storico che, a maggior ragione nel clima di spending review, è sacro e va tutelato soltanto se si è in grado e se si hanno le risorse di farlo. Altrimenti si opta per soluzioni economicamente e socialmente più utili al bene comune. E se oggi si parla di privatizzare Brera, figurarsi se si può ritenere intoccabile il pavè di Napoleone, oggi ridotto a un'accozzaglia di sassi sconnessi su cui ogni giorno rischiano la vita centinaia di ciclisti e motociclisti milanesi, costretti a pericolosi slalom per evitare di stramazzare sulle montagne russe delle vie cittadine. Una gimcana quotidiana su vecchie mattonelle ormai ingestibili che in caso di pioggia si trasformano in letali saponette e nelle estati torride si spostano in continuazione.
E allora il Comune, che trionfalmente ha annunciato l'aumento del 30 per cento dei ciclisti cittadini e l'investimento di 22 milioni di euro per future piste ciclabili, abbia finalmente il coraggio di fare una scelta che, da sola, trasformerebbe d'un colpo Milano nel paradiso metropolitano delle due ruote: sostituisca il pavè con un fondo stradale degno di questo nome, vale a dire una bella colata di asfalto che permetta ai cittadini su due ruote di circolare serenamente. E se ne infischi dei paladini delle tradizioni e delle vestigia della vecchia Milano perchè le bellezze van conservate solo se sono tali e non se si abbandonano al degrado a rischio dell'incolumità dei cittadini. Anche i Navigli della cerchia, durante il Ventennio, furono sotterrati per motivi igienici e di viabilità.
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