«Siamo tutti di passaggio e io non faccio eccezione». Dispensa pillole di saggezza il sovrintendente della Scala Stephane Lissner nell'auditorium della commissione cultura del Comune, intervenuto per fare il bilancio di una stagione, la sua, prossima al commiato. «Ma dieci anni sono un bel passaggio - chiosa al fianco dell'assessore alla Cultura Stefano Boeri- e ora è tempo di raccogliere nuove sfide». Che, nella fattispecie, riguardano la sua scelta di accettare l'incarico all'Opera di Parigi non appena conclusa l'esperienza scaligera, vale a dire nel 2015. Nell'aula consiliare, Lissner snocciola i dati positivi del suo mandato («Per la prima volta nella storia gli incassi di biglietteria e abbonamenti hanno superato il contributo statale», così come «anche il valore totale dei contributi privati è per la prima volta superiore a quello dello Stato»); un percorso che tuttavia rischia seriamente di sbattere contro un buco di bilancio di circa sette milioni di euro. Tale è l'eredità che lo strapagato sovrintendente lascerà al suo successore se non riuscirà a coprire l'ammanco derivante dai tagli del Fus (tre milioni), della Provincia (tre milioni) e del contributo straordinario del Comune). Lissner ostenta però sicurezza: «Come nelle precedenti stagioni, anche per il 2013 e il 2014 lascerò il bilancio in pareggio». Su come farà non azzarda ipotesi anche se non esclude la via più dolorosa, vale a dire l'aumento del prezzo dei biglietti. Una medicina che però - come lui stesso sa bene - potrebbe rivelarsi peggiore del male perchè metterebbe a rischio il patrimonio degli abbonati (17mila) che oggi coprono un terzo del bilancio. Lissner getta acqua sul fuoco: «Siamo in difficoltà - ha detto - ma si può risolvere. È difficile, ma non grave, non siamo in crisi». Sarà. Il sovrintendente sviscera quindi i numeri della sua gestione: dalla biglietteria la Scala ricava 32 milioni di euro (contro i 16 del 2004), grazie a un numero di abbonati salito da 11.094 a quasi 17.000 e a 425 mila spettatori all'anno (di cui 76 mila under 30); altri 34 milioni arrivano con i contributi di Soci Fondatori e sponsor privati (dai 23,4 milioni del 2004); altri 30 milioni sono dello Stato, mentre la Regione versa 2,9 milioni e il Comune 6,3, «contributo fermo dal 1998, cioè da 15 anni».
Servono altri soldi, insomma, malgrado la Scala assorba da sempre oltre la metà dei fondi pubblici destinati alla cultura a Milano a fronte di una ricaduta sul territorio decisamente ristretta a causa delle difficoltà di accesso (è l'unico esclusivo ente lirico di Milano con 800 dipendenti) e l'alto costo dei biglietti anche paragonato ai grandi teatri d'Europa. «Insufficienti», dunque, i circa 30 milioni versati dallo Stato, i tre milioni della Regione e i sei del Comune, «contributo fermo dal 1998, cioè da 15 anni». Un contributo pubblico che copre «solo» il 38,5 per cento del bilancio. Troppo poco, lamenta il sovrintendente transalpino, «perchè altrove, Francia compresa, il contributo pubblico supera il 50 per cento».
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