Potrebbe concludersi oggi il braccio di ferro tra gli «alfaniani» di Ncd e il resto della maggioranza che sostiene la giunta Maroni. Un contrasto che riguarda questioni importanti come il tentativo della Lega di escludere le extracomunitarie dai fondi Nasko destinati alle donne in difficoltà che rinuncino ad abortire o l'abolizione della legge Merlin per riaprire le case chiuse, ma dietro al quale c'è il nodo del rimpasto di giunta. Questa mattina l'incontro tra Maroni e l'Ncd per il riassetto che porterà in giunta il capogruppo Mauro Parolini, destinato a lasciare la guida del gruppo a Luca Del Gobbo. L'inevitabile conclusione delle frizioni dovute alla considerazione che dopo il divorzio da Berlusconi il solo Mario Melazzini in giunta per nove consiglieri Ncd fosse sproporzionato rispetto al vice governatore più quattro assessori che spettano ai dieci consiglieri di FI. Per nulla disposta a cedere la coordinatrice regionale di Fi Mariastella Gelmini che rifiuta qualsiasi «ridimensionamento in giunta». E si dice «preoccupata» per l'atteggiamento «ricattatorio» mostrato da Ncd con il «rischio» che questo comportamento «comprometta il buon funzionamento della Regione».
Uno scontro culminato mercoledì in consiglio dove l'evidente insoddisfazione politica degli «alfaniani» ha portato a far cadere per ben tre volte il numero legale alla mozione che tanto stava a cuore ai lumbàrd per chiedere che la Lombardia diventi Regione a statuto speciale e possa così tenersi le sue tasse. Ancora un messaggio mandato a Maroni che sembrava intenzionato ad accogliere la richiesta di Fi intenzionata a rinviare tutto a dopo le elezioni europee. Non è stato così perché i numeri in aula e un'indubbia abilità politica di quelli dell'Ncd, a cominciare dal presidente dell'aula Raffaele Cattaneo, ha dimostrato che per Maroni è difficile rinunciare a quei nove consiglieri. «Sono soddisfatto di questo voto della maggioranza che dà un segnale di unità - ha detto ieri - Considero quello successo un incidente, ma non ci sono ragioni politiche per dire che la maggioranza con c'è più». Per il capogruppo Pd Enrico Brambilla «la maggioranza di Maroni è stata irresponsabile, ha preferito indebolire il fronte unitario delle Regioni con una proposta velleitaria come la richiesta di autonomia della sola Lombardia». E, infatti, Pd, Lista Ambrosoli e Movimento 5 stelle sono usciti al momento di votare i due ordini del giorno sulle riforme costituzionali. Nel primo si ricorda che il Pil della Lombardia rappresenta il 21% di quello italiano e che nel 2012 il residuo fiscale ha superato i 50 miliardi di euro, impegnando Maroni a sostenere presso la Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni il riconoscimento dello statuto speciale per la Lombardia. Nell'altro chiede per questo un referendum.
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