Lungo le vie medievali fra borghi, arte e fortezze

Viaggio nel Varesotto per ritrovare le «origini» Da Castel Seprio fino all'antica torre di Torba

Lungo le vie medievali fra borghi, arte e fortezze

Un vangelo apocrifo, una chiesa di collina, una torre e storie di monache coraggiose che da affreschi, oggi senza volto, ci ricordano come il Medioevo fu tutt'altro che quel periodo buio e di decadenza che qualche cattivo maestro può aver provato a farci credere a scuola. Non tutto finisce nel IV - V secolo d.C. Molto ricomincia, evolve e anticipa il futuro anche in Lombardia, che nelle cronache antiche, non è solo il luogo dove l'impero romano d'occidente cadde definitivamente nel 476 d.C, ma anche il palcoscenico privilegiato di come, anche grazie all'incontro o meglio lo scontro -, con nuovi «migranti» anzi tempo e inquilini «espansivi» e barbari venuti dal Nord, si cominciò a costruire una nuova coscienza collettiva che alcuni secoli dopo, Carlo Magno, provò a chiamare Europa, con quell'idea del continuum di un storia che nasce dalla compenetrazione di civiltà diverse.

L'inizio del nuovo anno può essere un buon periodo per ripassare una o più storie che ci hanno traghettato nella modernità. Per capirle bisogna, spesso, tornare alla campagna, alle brume dei primi colli lombardi e ad alcuni «fuori porta» dove la storia ha tracciato solchi anche più significativi che nelle grandi città. Fra Como e Novara, fra le alpi e la pianura, chi arrivava da Nord non poteva che fermarsi qui, nel borgo di Sibrium, la moderna Castel Seprio, e nel suo avamposto di Torba, fra Solbiate ed il capoluogo. Oggi sono luoghi protetti dall'Unesco ed entrati anche nella famiglia del Fai - Fondo ambiente italiano, ma in passato sono stati loro a proteggere noi, come paladini dell'identità romana, prima e longobarda. C'era una volta il castrum di Castelseprio che, con la sua architettura militare, che ancora oggi si intuisce, è un vero libro aperto.

Fra cieli tersi o nebbiosi, l'incontro più importante è con le forme decise della chiesa di santa Maria foris portas, fuori le mura. Oggi vediamo il suo volto carolingio del IX secolo, ma il fil rouge del suo profilo risale ai Longobardi e, ancora più indietro, alle prime chiese paleocristiane. Era lei la guardiana di questo villaggio altomedievale, creato ad hoc sul limes che, fra Ticino ed Adda, faceva da scudo difensivo a Milano. Qui si consumarono alcuni dei capitoli più crudi della lotta fra Massenzio, che regnava su Milano e Costantino che si voleva riprendere tutto l'occidente. Il ciclo di affreschi all'interno della chiesa, però, narra altre storie. Dedicato alla vita di Gesù, nasconde un vero unicum per l'occidente. Intanto queste pitture oggi fra le più rappresentate nei libri di storia dell'arte - furono scoperte, solo nel 1944 e per caso, sotto ad altri affreschi più recenti. Ad ispirare le scene sono i vangeli apocrifi, in particolare quello di Giacomo, incentrato sull'infanzia di Gesù, con alcuni episodi raramente raffigurati nelle nostre chiese. Così si vede Maria che viene «testata», nella sua buona fede, con la prova delle «acque amare»: se, bevendole, fosse stata male, sarebbe stata la prova che avrebbe mentito sulla sua verginità. Oppure ancora l'ostetrica, giunta alla grotta di Betlemme: il suo sguardo è curioso ed attonito al tempo stesso, nel constatare come un bimbo fosse potuto nascere da una donna illibata.

Scendendo, poi, per la collina che digrada verso la valle dell'Olona, la torre di Torba ha vegliato fin dal V secolo sul territorio, raccogliendo tante altre storie, oltre alle pietre d'epoca romana qui reimpiegate per solidificare mura e fortificazioni. Torba fu baluardo difensivo contro barbari. Goti, Bizantini e Longobardi, però, ebbero la meglio e si sono alternati al comando senza fare mai a meno di Torba, ed anzi utilizzandola, loro stessi, come avamposto. Nel frattempo Torba cresceva in prosperità, divenne un fiorente centro religioso grazie, ad un gruppo di monache benedettine che nell'VIII secolo, complice quel periodo di stabilità portato dalla pax longobarda, fece costruire il monastero e, più tardi, la piccola chiesa e il complesso con celle e refettorio. Per sette secoli questa comunità ha lavorato zelante, custodendo per noi una grande eredità culturale.

Ed è qui che si inserisce un'altra leggenda: in uno degli affreschi rinvenuti al secondo piano della torre, i volti di tre monache su otto sono curiosamente sbiaditi:

apparterrebbero a religiose fuggite dal monastero dove tornano spesso sotto forma di spirito, a caccia di quei volti cancellati dal tempo, ma non dalle cronache di un tempo che fu e grazie al quale siamo diventati ciò che siamo oggi.

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