Maroni in aula: "Non mi dimetto"

Dopo l'avviso di garanzia il governatore, nel mirino dell'opposizione, respinge le accuse

Maroni in aula: "Non mi dimetto"

Nessuna intenzione di lasciare anche se i «grillini» del Movimento 5 stelle chiedono le sue dimissioni anche nel caso l'avviso di garanzia si trasformi in un semplice rinvio a giudizio. «Continuerò a lavorare nel rispetto assoluto delle leggi, il faro che ha guidato i miei vent'anni di vita politica e che sempre guiderà la mia attività». È stata una decisione sofferta quella di presentarsi nell'aula del consiglio regionale per il governatore Roberto Maroni. «Lo faccio per rispetto delle istituzioni, lo stesso rispetto che ho per la magistratura e che non mi consente di parlare prima di aver letto il fascicolo e di aver parlato con il magistrato». Nel dargli la parola il presidente del consiglio regionale Raffaele Cattaneo lo aveva ringraziato «perché quest'atto non era per niente dovuto ed è segno di grande trasparenza».

Poco prima, durante la giunta, aveva raccomandato agli assessori di stare attenti, «molto prudenti». Perché «avete visto a me cosa è successo». Il volto tirato, l'aria sofferente sotto il peso del primo avviso di garanzia a parte quella rissa con i poliziotti della Digos per impedire la perquisizione della sede della Lega in via Bellerio. Ma è chiaro che si trattava di tutt'altra vicenda. Oggi ci sono le segnalazioni per due contratti non alla Regione, ma all'Expo di cui la Regione è socio e nella società regionale di ricerca e formazione Eupolis. «Induzione indebita a dare o promettere utilità» l'accusa dei pm della procura di Busto Arsizio. In aula consiglieri e assessori del centrodestra si alzano per stringersi intorno a lui applaudendolo e (le donne) baciandolo. «Sono assolutamente sereno». Poi, ricordando la fine dall'ex premier Enrico Letta a cui Matteo Renzi aveva twittato quel non beneaugurante «#enricostaisereno» si è corretto. «Preferisco dire che sono tranquillo. È tutto regolare, trasparente, legittimo». La preoccupazione di sottolineare che «questa vicenda non ha nulla a che vedere con gli appalti e i lavori sui terreni di Expo». Perché l'ultimo evento organizzato da Mariagrazia Paturzo per Expo (contratto da 5.417 euro al mese e ufficio nella sede romana di Regione Lombardia) è stata l'incontro a villa Madama per presentare a cento ambasciatori i testimonial Philippe Daverio, Felice Gimondi, Carlo Cracco e Gaetana Jacono.

Duro l'attacco del capogruppo del Pd Enrico Brambilla. «In Lombardia c'è un sistema per cui il requisito per avere incarichi è l'affinità politica se non il familismo». Citando altri tre incarichi affidati da Eupolis. «Nulla che interessi la magistratura, ma tutto che interessa la politica e quest'aula». Secca la replica di Riccardo De Corato (FdI): «Andiamo a vedere in Comune con Pisapia o nelle regioni rosse dove è cinquant'anni che se non hai una tessere non entri da nessuna parte». Il capogruppo Ncd Luca Del Gobbo chiede ai «grillini» di non «trasformare un avviso di garanzia in un processo via web».

Fiducia in Maroni per il capogruppo di FI Claudio Pedrazzini: «L'informazione di garanzia è uno strumento a tutela dell'indagato, non un anticipo di condanna. Ma purtroppo questo mezzo viene strumentalizzato come sottile arma di sputtanamento».

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