Dallo scorso febbraio, data fatidica del pensionamento da presidente del Tribunale, Livia Pomodoro è finalmente «libera». Libera di dedicarsi anima e corpo alle sue vere grandi passioni: il teatro e l'impegno civile. Due ambiti che si compenetrano, direbbe lei, visto e considerato che il teatro No 'hma di via Orcagna (eredità culturale e affettiva della sorella regista Teresa, scomparsa nel 2008) ha fatto in questi anni da palcoscenico ai grandi temi dell'umanità di oggi: i conflitti etnici, la fame del mondo, i diritti della donna. Domani alle ex Officine Amari debutta «Figli e figlie» di Jiannis Kalavrianos, migliore regia greca 2014, commedia sulla ricerca della felicità.
Altro tema forte nella nostra società liquida. Parlando di Grecia poi...
«Ogni riferimento a fatti ne persone è puramente casuale. Questo spettacolo fa parte di una stagione studiata apposta per Expo, che coinvolge 18 compagnie straniere e si concluderà a ottobre con due premi, uno della giuria internazionale e uno del pubblico. Prima della Grecia abbiamo ospitato Cina, Slovenia e Serbia, poi toccherà al Kazakistan, alla Bielorussia, alla Francia all'Inghilterra. Il premio internazionale sarà quello per il Teatro Nudo di Teresa Pomodoro che ha premiato compagnie che altrimenti non sarebbero mai arrivati da noi».
Un teatro speciale, quello di via Orcagna, così lo ha sempre definito. Intanto non si paga il biglietto, poi?...
«È una onlus che vive solo di contributi, di sponsor. E grazie a loro il mio palcoscenico è una voce libera che parla di speranza e di cultura a tutti, dall'homeless all'imprenditore. Un grande progetto che i milanesi hanno premiato, visto che la sala è stata sempre piena in questi anni. Per questa stagione c'è una giuria internazionale d'eccellenza, con Eugenio Barba, Lev Dodin, Jonathan Mills, Lluís Pasqual, Peter Stein, Sotiris Hatzakis, Luca Ronconi ed Enzo Moscato; al pubblico, invece, verrà consegnato un "passaporto per la cultura" da timbrare, chi colleziona dodici timbri avrà diritto di voto».
A proposito di Expo, nella sua agenda di oggi c'è la presidenza del Centro mondiale per il diritto al cibo, il Milan Center For Food Law and Policy. Di che si tratta?
«Abbiamo lanciato la proposta di una legacy permanente di Expo 2015. Lo scopo è creare una piattaforma sulle regole standard per il diritto al cibo e il diritto al cibo garantito da sottoporre alla Comunità europea, un'armonizzazione delle leggi che diano a tutti la speranza di una buona qualità della vita. Al termine di Expo, presenteremo la nostra carta a Parigi per riproporne i contenuti all'Esposizione Universale di Dubai».
Cosa pensa davvero di Expo 2015? Il tema etico di “Nutrire il pianeta“ non rischia di annegare nello champagne millesimato?
«Non credo, quello degli eventi glamour e dei masterchef in vetrina lo definirei il fattore estetico della manifestazione. Ma nessuno come chi lavora in teatro sa che le cose più importanti accadono dietro le quinte più che sul palcoscenico. E anche la nostra è un'iniziativa di backstage, non l'unica».
Insomma, oggi è libera per modo di dire. Nostalgia del tribunale?
«Per niente, lo considero un capitolo chiuso della mia vita».
Con tutti quei veleni poi...
«Quelli mi interessano ancora meno. Io sono soddisfatta di aver lasciato un tribunale funzionante e che oggi è un modello di attività organizzativa».
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