Quasi duemila persone, durante la settimana di Ferragosto, hanno visitato la Galleria d'Arte Moderna di via Palestro. Molti forse per la prima volta. Non vi è dubbio che, tra tutti, si presenta come il sito culturale più intrigante nella stagione calda, posizionato strategicamente a ridosso di ameni giardini che collegano la villa neoclassica al Pac. La collezione civica poi, pur orfana del conteso Quarto Stato di Pellizza che oggi campeggia sullo scalone dell'Arengario, non è da buttar via e riserva anche alcuni capolavoro del romanticismo lombardo e del divisionismo, da Hayez a Segantini, senza tralasciare qualche chicca della stagione neoclassica rappresentata dalle sculture del Canova. Eppure la Villa Reale, pur avendo cambiato più volte denominazione - da Villa Belgiojoso a Museo dell'800 a Gam - soffre da sempre di una sconfortante crisi di identità che dissuade gli scarsi visitatori dalla voglia di tornarci. Allestimenti malcurati, assenza quasi totale di mostre che riescano a valorizzare la collezione (compresa quella che giace nei magazzini) ma soprattutto la mancanza dei più elementari servizi presenti in qualsiasi galleria pubblica del mondo (dalla caffetteria al bookshop) rendono questo piccolo gioiello una desolante occasione mancata. A ciò si aggiunge l'inaccessibilità dalle sale del museo ai bei giardini visibili dalle vetrate, attualmente riservati (chissà perchè) soltanto a genitori accompagnati dai bambini. Stranezze, per usare un eufemismo, di cui è ben consapevole la nuova conservatrice Paola Zatti che però alla depressione preferisce l'ottimismo. E anzi annuncia progetti per risalire la china. «È evidente che la Galleria non può rimanere così com'è e non si tratta soltanto di aumentare i visitatori che attualmente sono circa 110mila all'anno. Bisogna rendere questo luogo vivibile e allargare il target di utenza anche ai giovani».
Che fare dunque? «Il primo passo su cui stiamo già lavorando riguarda il riordino della collezione e degli allestimenti secondo un chiaro percorso cronologico che va dal neoclassico al simbolismo. Sembrerà poco, ma stiamo finalmente pubblicando una guida per il pubblico e soltanto da due mesi tutte le opere esposte sono finalmente corredate di esaustive didascalie». Eureka. E poi? «Per quanto riguarda le sale il progetto è quello di sfoltire gli allestimenti privilegiando i capolavori ma anche valorizzando i ricchi depositi. Il fiore all'occhiello di questo percorso saranno le sei sale del primo piano che nel 2013 verranno dedicate al nucleo di Medardo Rosso, che è il più importante dopo quello di Roma. Le due sale dedicate a Segantini, invece, ospiteranno delle novità per far dialogare le opere del maestro divisionista con la storia della città». Da rivedere completamente il capitolo delle esposizioni. La più interessante che si ricordi fu quella... di un contemporaneo, l'inglese Tino Sehgal che con Fondazione Trussardi organizzò nelle sale delle geniali performance in dialogo con le collezioni. Un successone, ma tutto finì lì. «Le incursioni contemporanee - dice la Zatti - riprenderanno a ottobre in sinergia col Pac in occasione della antologica di Alberto Garutti. Per il momento abbiamo in cantiere una bella mostra dello scultore napoletano Vincenzo Gemito». Sul capitolo servizi, invece, qualcosa potrebbe finalmente cambiare. «In autunno partirà il bando per una caffetteria negli spazi degli attuali uffici che dovrebbe prevedere anche un dehor esterno collegato al Pac.
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