Noir o brillanti: sul palco scene dal cinema americano

Noir o brillanti: sul palco scene dal cinema americano

Cari, vecchi film hollywoodiani degli anni '60 e '70: così ben scritti e ben recitati, da fare un'accanita concorrenza al migliore teatro di prosa. Ma soprattutto così tempestivi ed efficaci nel cogliere lo spirito del tempo, da ritagliarsi un posto rilevante nell'immaginario collettivo. Chi non ricorda Kramer contro Kramer, la pellicola che trent'anni fa ritrasse in modo folgorante com'erano mutati i rapporti familiari nella società postindustriale? Ora le vicende già narrate nell'omonimo romanzo di Avery Corman (che ne ha tratto una drammaturgia indipendente dalla sceneggiatura cinematografica) sono al centro dello spettacolo in cartellone al Teatro Manzoni fino 4 novembre con la regia di Patrick Rossi Gastaldi. Nei panni che indossavano Dustin Hoffman e Meryl Strepp, ci sono questa volta Daniele Pecci e Federica Di Martino, impegnati in quella straziante contesa giudiziaria per l'assegnazione del figlio che nel 1979 si aggiudicò ben 5 premi Oscar. Il 1979 è anche l'anno di uscita di California Suite, un film spassoso ma raffinato, diretto da Herbert Ross e interpretato tra gli altri da Jane Fonda e Walter Matthau. La commedia di Neil Simon (Plaza suite, il più fragoroso successo della Broadway di fine anni '60) dalla quale è stata tratta la pellicola è in cartellone al Teatro San Babila fino al 4 novembre. Sul palcoscenico Gianfranco D'Angelo e Barbara Terrinoni sono una coppia alle prese con un'insoddisfazione di fondo che trova sfogo nelle scappatelle di lui e nell'esasperazione di lei. In un crescendo di comicità che prende forma attraverso i classici toni della commedia brillante, ma che lascia trapelare una sottile malinconia, Simon si cimenta con l'obiettivo costante della sua scrittura: «trattare argomenti seri, però con dosi uguali di humour e di compassione».
Poco humour ma molta compassione (nel senso più letterale e più bello del termine) caratterizzano Pelle di serpente, il film un po' dimenticato di Sidney Lumet uscito nelle sale nel 1960. Interpretato nientemeno che da Marlon Brando e Anna Magnani, e tratto da una pièce di Tennessee Williams, il lungometraggio (davvero molto lungo nella versione originale, all'incirca tre ore) fu quasi un flop: così cupo e duro nella sua critica al conformismo della provincia americana, da far storcere il naso anche al pubblico più liberal. Il testo di Williams, accortamente riletto da Elio De Capitani, ha debuttato la scorsa estate al Festival di Spoleto ed è ora riproposto dal Teatro dell'Elfo sino al 4 novembre. Nella Discesa di Orfeo (questo il titolo originale dell'opera del drammaturgo statunitense) va in scena un incontro fatale tra emarginati dall'alto tasso poetico: un giovane chitarrista sradicato, Val Xavier, e un'italiana emigrata nel profondo sud degli States, Lady Torrance, rispettivamente interpretati da Edoardo Ribatto e Cristina Crippa, davvero bravi nell'evocare un'intimità fondata sulla comune disperazione.

La regia di De Capitani crea un anomalo e intrigante ibrido fra generi e autori, combinando il melò con la denuncia sociale, il mito di Orfeo con l'emancipazione dei neri d'America, la visionarietà quasi mistica di Williams con l'espressionismo radicale di Fassbinder.

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