«Picasso ha fatto record? Un'eccezione nel deserto»

Tra mostre, libri e piccolo schermo, il professor Flavio Caroli non conosce sosta. Il 2013, che ha chiuso la sua esperienza alla presidenza del MAGA di Gallarate, è iniziato sulle onde della sua ultima fatica editoriale di storico-critico dell'arte: il nuovo libro che raffronta le venti opere del '900 che più hanno contribuito a costruire il nostro tempo e il rapporto degli artisti analizzati nei confronti dell'Avanguardia («Il volto dell'Occidente - I venti capolavori che hanno fatto l'immagine della nostra civilàt», ed. Feltrinelli). Ma lo sguardo del docente ravennate volge sempre indissolubilmente a Milano, la città in cui ha coronato tappe fondamentali della sua carriera: una su tutte, la direzione scientifica per le attività espositive di Palazzo Reale durante la fine degli anni Novanta, durante l'assessorato di Salvatore Carrubba. Sotto la Madonnina, poi, dirige la cattedra di Storia dell'Arte Moderna presso la facoltà di Architettura del Politecnico. «Milano mi sta a cuore, ma da troppi anni mi preoccupa e un po' mi delude» dice analizzando un'offerta culturale che, tra l'alternarsi delle giunte, stenta a tenere il passo con quella delle grandi città europee.
Che cosa c'è che non va, professore?
«Io parlo soprattutto del settore che più mi sta a cuore, quello dell'attività espositiva pubblica. Purtroppo questa città non riesce quasi mai a coniugare l'alta qualità e grandi numeri in termini di pubblico»
Beh, il Comune ha appena prorogato la buona mostra su Picasso a Palazzo Reale che ha fatto quasi mezzo milione di spettatori...
«Per carità, non lo discuto, ma è un'eccezione. Eppoi, parliamoci chiaro, si tratta di una delle 13 mostre proposte dal Museo di Parigi durante il lungo stop per i lavori di restauro. Comunque ne ho parlato molto bene anch'io più volte in tv. Detto questo...»
Detto questo?
«Milano ha bisogno di altro, ha bisogno di una vera cabina di regìa che produca progetti di grande spessore culturale, sul modello dell'attività espositiva del Louvre dove le idee e la loro realizzazione non possono mai scendere sotto certi standard, pena lapidazione».
A chi spetta questa regìa?
«Appunto, è questo il problema, perchè qui non si sa mai chi decide cosa. E se sono stato delusissimo dall'ultima gestione Moratti (Sgarbi è un caso a parte), comincio a essere preoccupato anche da questa amministrazione».
La colpa è degli assessori?
«Vede, i politici devono fare i politici. Durante la giunta Albertini, Carrubba nominò il sottoscritto direttore di Palazzo Reale affidandomi l'ideazione e la programmazione delle esposizioni. Oggi per caso lei sa chi è il direttore del Pac, quello di Palazzo Reale o della Galleria d'Arte Moderna?»
Ci sono dirigenti e conservatori delle collezioni...
«Appunto, e saranno anche validi, ma non bisogna confondere i tecnici, figure che si occupano dell'attività gestionale e organizzativa degli spazi, con chi invece è preposto alle idee e alla programmazione scientifica».
Cosa pensa dei musei milanesi?
«Cosa vuole che ne pensi? Sarebbero anche di buona qualità, mi riferisco alle collezioni, ma non sanno rinnovarsi, hanno orari improponibili, sono spenti, respingenti. Tra gli spazi civici si salva soltanto il Museo del '900 ma, paragonato a musei europei come la Tate di Londra o il Thyssen di Madrid, non lo si può certo definire di serie A. Diciamo di A2...»
E il museo contemporaneo... mancato? Era da costruirsi o no?
«Certo che sì, e senza bisogno di edificare templi faraonici come è stato per il Maxxi di Roma e direi perfino per Gallarate. Serviva uno spazio specifico per il contemporaneo che fosse collegato ai grandi musei d'arte contemporanea internazionali. Ma Milano non l'ha voluto».
C'è il problema delle risorse, se n'è dimenticato?
«Figurarsi, è una questione cruciale anche per gli altri spazi, ma che si può risolvere affidando la gestione e la produzione delle esposizioni ai privati, lasciando la direzione scientifica al pubblico.

Quando ero direttore di Palazzo Reale ho realizzato mostre memorabili e con grandi numeri come L'Anima e il volto (300mila visitatori) e quella sul Cinquecento lombardo. La prima è stata prodotta da Electa, la seconda da Skira. Risultato, erano tutti contenti».

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