Si è giocato tutto per qualche migliaio di euro: l'onore personale e professionale di vigile urbano. A Carpiano, comune di circa 4mila abitanti a sud di Milano quasi al confine con la provincia di Pavia, il numero di agenti della polizia locale si conta sulle dita di mezza mano. Quindi non sarà difficile capire, a chi bazzica la zona, chi sia il ghisa 51enne messo agli arresti domiciliari ieri mattina con l'accusa di concussione perché fino a qualche mese fa chiedeva il pizzo ai clienti delle prostitute appartatisi lungo la strada provinciale Binasca nel piazzale sterrato di un noto hotel del comune e in zona Cascina Belvedere. Il vigile avrebbe dovuto multare chi s'intratteneva con le prostitute. Invece si limitava a minacciare i clienti di mandare la sostanziosa multa a casa, rischiando magari che finisse tra le mani di una moglie o una compagna, per proporre poi in alternativa una «ragionevole» transazione. Del tipo: «Invece della sanzione amministrativa da 500 euro che dovrei farle pagare, dia un centinaio di euro a me e la chiudiamo lì».
Una pratica vergognosa scoperta quasi per caso dai carabinieri del comando provinciale di Milano durante l'inchiesta che, ad aprile, per mano degli uomini del nucleo investigativo e della Procura di Milano, portò in cella quattro ecuadoriani, un peruviano e un brasiliano. Tutti autotrasportatori tra i 28 e i 53 anni autori di una vera e propria arancia meccanica, fatta di «violenze inaudite» - come le definì allora il pm milanese Ester Nocera - a un gruppo di quattro lucciole romene e dell'Est Europa che si prostituivano in strada nel comune di Segrate. Che venivano sistematicamente minacciate con una pistola, quindi rapite, rapinate e stuprate in un appartamento.
Proprio durante gli interrogatori di queste donne è emersa la figura del vigile di Carpiano, sulla cui ruolo in questa vicenda ha indagato poi la Procura di Lodi. Sia chiaro: lui con gli stupri del branco di stranieri non c'entra nulla. La sua azione era decisamente meno violenta, ma molto più concreta dal punto di vista economico. L'inchiesta, scaturita dalle dichiarazioni delle lucciole, ha consentito di documentare tre di circa dieci episodi (ma i carabinieri assicurano che potrebbero essere anche di più) verificatisi tra aprile e maggio.
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