Immaginiamoci la scena: lui porta lei in un noto ristorante della città, ordina un vino pregiato e costoso, e al primo assaggio si lancia in una degustazione da consumato sommelier, evocando aromi di ribes e di rovere francese. «Senti che note intense questo Cabernet Sauvignon, tutto da assaporare», potrebbe essere la frase. Invece, a dispetto dell'etichetta, non di questa celebrata uva si trattava.
Se la situazione è verosimile, certo è che all'«Osteria del Binari», rinomato e caratteristico ristorante di via Tortona, e all'altrettanto nota «Taverna Gasparotto» in zona stazione Centrale, nei 30 giorni del gennaio 2013 altri vini sono stati serviti ai clienti spacciandoli per Cabernet Sauvignon. Portando in tavola bottiglie originali, che avevano sì quell'etichetta e anche le capsule di garanzia, ma al cui interno era stato travasato invece il meno pregiato Cabernet Franc, prodotto in Veneto e conservato in damigiane.
Lo ha accertato il giudice per l'udienza preliminare Sofia Fioretta che ieri ha condannato le due società titolari dei ristoranti, la Martin srl e la Achira srl (imputabili in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti per i reati commessi dai propri dipendenti) a pagare una multa di 18mila euro. Il giudice ha accolto in questo senso la tesi del pubblico ministero Nicola Balice, che dopo alcuni controlli del Nucleo Antisofisticazione e della Guardia di Finanza effettuati proprio due anni fa, aveva chiesto a maggio il rinvio a giudizio per Alberto Rapuzzi, Sergio Baroni e Cesare Eugenio Denti, titolari delle società proprietarie dei due ristoranti e di altri molto noti in centro, come «El tombon de San Marc», la «Grande Italia» di via Palermo e la «Trattoria Aurora». Rapuzzi è stato condannato con rito abbreviato (e dunque con uno sconto di pena) a 10 mesi di reclusione e ha ottenuto la sospensione condizionale della pena, Sergio Baroni aveva già patteggiato otto mesi di carcere, mentre viene assolto con formula piena «per non aver commesso il fatto» Cesare Eugenio Denti.
Nel fascicolo del pm Balice, oltre alla frode in commercio e contraffazione di marchi aggravata, compaiono anche la violazione della normative sanitarie e dei regolamenti comunitari sulla sicurezza alimentare: a dispetto dell'ottima fama di cui godono, ai clienti dei ristoranti sarebbero stati serviti circa 10mila chilogrammi tra carne, pesce e latticini «in cattivo stato di conservazione», «detenuti a temperatura ambiente», posizionati - si leggeva nel capo d'imputazione formulato dal pubblico ministero - «su bancali di legno appoggiati a terra senza alcuna protezione o in locali senza i prescritti requisiti igienici».
A Rapuzzi era stata anche contestata la violazione
della legge Biagi in materia di lavoro: avrebbe fatto ricorso a lavoratori in somministrazione, molti dei quali stranieri, assumendoli senza autorizzazione da una cooperativa riconducibile alla gestione di fatto di Baroni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.