Il poeta della fotografia innamorato di Parigi

Dopo quello di Hayez è forse il bacio più famoso della storia dell'arte. Ma il grande fotografo francese Robert Doisneau, a cui la Provincia di Milano dedica un'importante mostra allo Spazio Oberdan, era un falso modesto. Descrivendo i suoi affreschi della Parigi urbana degli anni Cinquanta in cui immortalava con disarmante naturalezza qualsiasi cosa si muovesse nei suoi viali brulicanti di vita, quasi si schermiva: «La macchina fotografica? Ma ce ne sono talmente tante, e io non me la porto con fare ostentato intorno al collo come un'etichetta: no, discreto ed efficiente, mi confondo nel gregge dei pedoni». E i duecento scatti originali esposti all'Oberdan - presentati dal vicepresidente della Provincia Umberto Novo Maerna con la collaborazione dell'Atelier Doisneau e della Fratelli Alinari- sono la testimonianza di come l'occhio dell'artista sembra sempre volersi «nascondere dietro la notizia», per usare un gergo giornalistico. La notizia era la gente, il popolo della Ville Lumière e la sua joie de vivre: dagli sfavillanti Champs Elisees ai mercati di Les Halles, dai clochard lungo la Senna ai bistrot di Saint Germain. La gente, appunto. E l'amore, di cui il celeberrimo «Bacio dell'Hotel de Ville» pare un manifesto universale. Un manifesto, dissero in molti, anche della fotografia in grado di emozionare cogliendo l'attimo fuggente alla maniera degli Impressionisti. Ma fu lui stesso a rivelare che in realtà quella dei due giovani appassionati in libera uscita davanti al municipio parigino era in realtà una foto di posa che Doisneau aveva organizzato per un servizio commissionato dalla rivista Life. Un dato che non turba l'allure di quell'immagine e anzi ne reinventa il senso all'interno di un'esposizione allestita come un grande reportage in cui Parigi è il palcoscenico di una gigantesca scenografia umana. A Doisneau interessavano soltanto immagini di vita vera e così sceglieva luoghi e soggetti. «Mi sforzo di variare i miei itinerari per non cadere nel comfort dell'abitudine, che porta alla fiacca - diceva - e so per esperienza che dalle parti del faubourgs lo spettacolo è sempre generoso. Nelle scenografie che assistono alle sofferenze umane e che mi sembrano cariche di nobiltà, i gesti della vita vengono compiuti con semplicità e i volti di coloro che al mattino si alzano presto sono commoventi».
A corredare l'evento, fino a sabato l'Oberdan ospiterà una rassegna cinematografica dedicata a Parigi.

Una decina di titoli di altrettanti cult movies in cui la Ville Lumiere è protagonista assoluta, da Malle (Zazie nel metro) a Truffaut (I 400 colpi), da Godard (Fino all'ultimo respiro) a Carnè (Albergo Nord e Mentre Parigi dorme).

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