Un giro di sangue infetto e materiale organico non correttamente protocollato, usato solo per gonfiare la richiesta rimborsi negli ospedali di Monza, Milano, Legnano e poi fatto sparire, se non addirittura rivenduto, fuori procedura, a istituti di ricerca. Ieri mattina, in una maxi operazione coordinata dalla Procura di Monza, sono scattate le perquisizioni dei carabinieri del Nucleo antisofisticazione, negli studi di alcuni medici impiegati in ospedali illustri quali il San Gerardo di Monza, dirigenti di struttura, medici presso l'Università Statale e relative abitazioni private.
Nel tran tran quotidiano, celati dalla confusione che normalmente pervade i reparti degli ospedali, c'erano medici e infermieri dediti a prelievi di materiale organico non autorizzato e, soprattutto, non necessario. Dove andava a finire il sangue infetto prelevato in surplus? Chi ordinava i prelievi fuori protocollo, chi li eseguiva e chi si preoccupava di farli uscire dagli ospedali e farli smaltire? Chi beneficiava dei soldi richiesti in rimborso? A queste domande, sta cercando risposta la Procura di Monza che, dopo una segnalazione partita dalla Statale, ha ordinato un maxi blitz in numerose strutture sanitarie lombarde, nelle quali si sarebbe insediata la presunta rete di prelievi illeciti, volti a farsi rimborsare denaro in surplus per decine di migliaia di euro.
Ieri, poco dopo le nove, i carabinieri dei Nas di Milano, in collaborazione con i militari di Seregno, Monza e Milano, sono entrati al San Gerardo, Reparto Malattie infettive, dove hanno perquisito studi medici, uffici amministrativi, compreso quello del dirigente Gori, e sequestrato computer. Le verifiche sono poi proseguite anche nelle abitazioni dei medesimi soggetti, mentre in altre strutture sanitarie Lombarde venivano effettuati analoghi controlli, a partire dagli uffici di una dottoressa all'interno della facoltà di Medicina della Statale.
L'inchiesta, non ancora concretizzatasi in ipotesi di reato e conseguente iscrizione di sospetti nel registro degli indagati, vedrebbe un gruppo di medici, professionisti, personale e dirigenti, coinvolti da anni in un'unica rete illegale, trasversale a ospedali di diversi comuni, fatta di prelievi di materiale ematico effettuati due volte, dai quali trarre profitto. Ogni struttura sanitaria infatti, nel rispetto del regolamento del Ministero della Salute, deve seguire un rigido protocollo per il prelievo di sangue e materiale organico, i rimborsi e, soprattutto, lo smaltimento delle medesime sostanze. La faccenda quindi, non finisce qui. È proprio nel passaggio successivo che, se le indagini lo confermassero, la vicenda potrebbe assumere toni più cupi. Le ipotesi di smaltimento del materiale organico seguono due piste. Da un lato vi sarebbe la non remota possibilità che, lo stesso sangue, sia stato rivenduto ad istituti di ricerca che, «assetati» di sangue, avrebbero chiuso entrambe gli occhi sulla sua provenienza e la relativa, ma necessaria, burocrazia.
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