Quei templi dello sport che Milano rimpiange

Nel volume di Cervi e Giuntini, racconti, aneddoti e immagini degli impianti che furono palcoscenico di campioni e vittorie

Quei templi dello sport che Milano rimpiange

Impianti e rimpianti. Pochi si sono soffermati a pensarlo, ma Milano è da sempre la capitale dello sport italiano. Che piaccia o no, che sia credibile o meno, dopo i recenti fatti che mettono in dubbio uno stadio per il Milan e uno per l'Inter, l'incertezza sulla destinazione d'uso del Vigorelli e il non più ricostruito Palasport crollato per la neve edificato nello stesso piazzale dello Stadio Meazza, lasciano il giudizio invariato. Ultima, ma non per ultima, la decisione o meno sul fatto di trasferire il Trotto e l'Ippodromo di San Siro o chiudere uno dei due. Stando alle ultime decisioni si è propensi per ristrutturare l'Ippodromo un po' in decadenza e le numerose scuderie alcune delle quali di rilevanza storica.

In attesa che il Vigorelli (mitico velodromo dove hanno cantato anche i Beatles, ironia della sorte) risorga per ospitare il football americano, il Tiro a Segno con il suo parco è purtroppo certo che diventerà il Consolato degli stati uniti d'America. L'Arena è stata invece ristrutturata e le altre glorie come il Giuriati e il XXV Aprile continuano a mantenere il ruolo di sempre.

Con il libro «Milano nello sport» (Hoepli 244 pag. 49,99 Euro), curato da Gino Cervi e Sergio Giuntini, la storia del capoluogo lombardo come simbolo di un passato glorioso rivive anche attraverso una sequenza infinita di fotografie d'epoca. Dallo Feristerio di via Palermo al Palaghiaccio di via Piranesi, questo libro è anche il racconto di come gli impianti sportivi facessero parte nel bene come nel male della vita cittadina: scenario dei concerti rock al Palalido e a San Siro, così come delle fucilazioni nazifasciste al campo Giuriati. Una storia che affonda le sue radici ancora nel tardo Ottocento quando uno scrittore come Marck Twain scambiò l'arena per un reperto dell'antica Roma. Come spiega bene uno dei autori del libro, c'è stata un'epoca in cui gli impianti milanesi erano veramente vissuti e non soltanto usati per appuntamenti legati alla loro vocazione «le ultime scintille sono state nel dopoguerra piscine come la Scarioni e la Solari, e poi il Palasport del 1976».

Quello raccontato in «Milano nello sport» era una pratica aristocratica che solo più tardi divenne popolare. Ciò che ne ha preso il posto è il cosiddetto «sport diffuso», quello che si svolge davanti ai nostri occhi e non al chiuso di qualche struttura: i parchi dove si gioca a pallacanestro o a Cricket e le piste ciclabili, le strade per lo skateboard. L'apparato iconografico del libro è un vero e proprio tuffo nel passato: i manifesti della Milano-San Remo ciclistica al Velodromo targati anni Tenta; quelli del Teatro Puccini con i suoi incontri di box negli anni Quaranta; il Giuriati, tempio del Rugby milanese, il Bagno di Diana di Porta Venezia usato per il gioco della Pelota Basca, ma anche la Canottieri Olona e le magnifiche immagini delle gare di canottaggio sul Naviglio, i migliori campi da tennis e la sede prestigiosa del Bonacossa...

La ricerca degli autori del volume in questione, non tralascia lo studio dei tracciati lineari e i simboli delle regole di ogni sport: per fare un esempio la grafica e l'iconografia dei campi di calcio, da tennis, di squash, delle piste ciclistiche o delle piscine come la storica Cozzi di via Tunisia dalla quale sono usciti campioni

internazionali. Il libro per tutte le età che aiuta a fare luce su una parte importante della storia milanese ma anche su quel complesso di regole, convezioni, disegni, grafica e simboli che fanno parte della storia dello sport.

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