Quel "regalo" da 19 milioni che fa tanta paura a Penati

L’INCHIESTA Il sistema Sesto Ecco le carte sul contenzioso fra Serravalle e Gavio per i lavori sull’autostrada A7 La Provincia accettò di pagare l’opera il 30% in più, nonostante gli enormi ritardi

Quel "regalo" da 19 milioni che fa tanta paura a Penati

E ora hai voglia a dire che lui, di tutto quel vortice di denaro, non ne sapeva nulla. Perché Filippo Penati - accusato di aver fatto girare 2 milioni di euro a Piero Di Catrina come restituzione di una tangente versata a suo tempo dall’imprenditore dei trasporti, ha fornito ai pm «una versione assai poco convincente, e a tratti decisamente inverosimile». È un documento pesante, quello firmato dal tribunale del Riesame di Monza, con cui i finanzeri del Nucleo di Polizia tributaria hanno sequestrato 14 milioni di euro a Codelfa, società del gruppo Gavio. Quattrodici milioni «non dovuti» - sottolineano i giudici - ma parte di una cifra più cospicua arrivata da Serravalle spa per realizzare la terza corsia sulla A7.
La vicenda è quella dell’ormai famoso assegno da 2 milioni di euro che Codelfa paga alla Caronte srl, società di trasporti di Di Caterina. «Versamento provato oltre ogni ragionevole dubbio», insiste il Riesame. L’assegno viene incassato il 28 novembre del 2008 nella Banca di credito coorperativo di Sesto San Giovanni. Causale apparente: la caparra per un contratto immobiliare. In realtà, sostiene la Procura, il contratto è fittizio. Penati - è l’accusa - resituisce in questo modo a Di Caterina parte delle tangenti che avrebbe ricevuto dall’imprenditore. È un contratto «truffa», e a dirlo ci sono elementi «gravi, precisi e concordanti». Primo, un’e-mail inviata da Di Caterina a Penati e al manager Bruno Binasco, con cui dichiarava di fatto che quel pagamento aveva «un carattere restitutorio di finanziamenti illeciti erogati in passato all’uomo politico Filippo Penati». Poi, lo stesso contratto preliminare di acquisto dell’immobile, in cui si faceva riferimento alla possibilità di mandare tutto a monte «mediante semplice comunicazione scritta», dimostrando così che il business immobiliare nascondenva in realtà la presunta mazzetta. Infine, gli interrogatori di Di Caterina. Ora, come risponde Penati? Per i giudici, in modo assai poco convincente. «La difesa opposta da Penati - scrive il Riesame - era stata quella dell’essersi semplicemente limitato a segnalare a Marcellino Gavio, una volta appreso delle difficoltà finanziarie di Di Caterina, se fosse interessato all’acquisto di immobili di quest’ultimo». E l’e-mail e il contratto preliminare, il cui contenuto tribunale definisce «imbarazzante»? Ecco, Penati «incredibilmente dichiarava» di non averne mai parlato né con Binasco, né con l’architetto Renato Sarno, che per la Procura è suo factotum.
Ma la storia della Serravalle è soprattutto uno spaccato sul pericoloso intreccio fra corruzione e sperpero di denaro pubblico. L’ordinanza del Riesame riporta l’esito della consulenza chiesta dalla Procura sui lavori di ampliamento dell’autostrada. Ed ecco com’è andata. Il 14 novembre 2004, Serravalle delibera l’aggiudicazione dei lavori per la terza corsia alle società Itinera e Codelfa, entrambe controllate dalla Argo finanziaria, holding di Aurelia spa, a sua volta controllata dal gruppo Gavio. L’appalto vale oltre 65 miloni di euro. La fine dei lavori è prevista per il 18 luglio del 2007, poi prorogata al 30 maggio del 2009. Accade però che Codelfa iscrive 59 riserve per la liquidazione di maggiori importi (per quasi 60 milioni), su cui si apre un contenzioso con la Provincia. La lite, però, si chiude bonariamente il 18 luglio del 2008. Palazzo Isimbardi riconosce a Codelfa 15,8 milioni per la rinuncia alle riserve, e un premio di 3 milioni per l’ultimazione delle opere entro il 30 maggio del 2009. Totale, quasi 19 milioni. «L’accordo bonario - si legge nell’atto del Riesame - è squilibrato e tutto a vantaggio» del Gruppo Gavio, a cui è riconosciuta una somma superiore del 30% rispetto ai costi originari dell’opera, e per giunta con il raddoppio dei tempi di esecuzione. Ad ogni modo, il 17 novembre del 2008 Serravalle paga a Codelfa un primo pagamento da quasi 2 milioni. Peccato che il giorno dopo, Codelfa gira la stessa somma alla Caronte.
Ma Penati insiste. Non è lui - dice - il grande burattinaio delle operazioni finite nel mirino dei pm. Anche su questo, però, le carte sembrano dargli torto. Penati aveva «un potere direttivo e di controllo».

Avrebbe imposto l’architetto Sarno(a cui Sarravalle affida molte consulenze, ndr), «suo alter ego», assunto l’ex segretaria Claudia Cugola, impartito «direttive ai vertici della società su variegate questioni amministrative che ne denotavano tutto il potere di ingerenza», e preso la «decisione - forse la più eclatante degli atti societari compiuti - inerente alla vendita del 32% delle azioni di Pedemontana spa». Bocciata un giorno dal consiglio provinciale, approvata il giorno dopo e in tutta fretta con una delibera di giunta.

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