«Sfonda la città vetrina», «facciamo come a Napoli», «no al coprifuoco», «Fontana assassino», «Conte servo di Confindustria» sono alcune della scritte comparse ieri notte sui muri tra via dei Mille e piazzale Dateo, opera sembra di antagonisti. Ed era la vigilia del Dpcm, quello firmato ieri dal premier Conte che ha anticipato il coprifuoco alle ore 18 per bar e ristoranti in tutto il Paese, chiuso cinema, teatri, palestre, fiere fino al 24 novembre, scatenando la rabbia delle categorie. E la Digos teme che anche Milano, dopo Napoli e Roma, possa diventare una polveriera. Oggi vogliono scendere in piazza in maniera ordinata i ristoratori, ma temono infiltrazioni di ultras o no global. Il presidente del Club Imprese storiche di Confcommercio Alfredo Zini annuncia un presidio davanti alla prefettura alle ore 15, ci saranno titolari di ristoranti e bar che contestano la serrata dalle 18 e chiedono al governo misure economiche strutturali. «Piuttosto - ribadisce Zini - si abbia il coraggio di chiudere tutto per tre settimane, per contenere i contagi e salvare il Natale». Il portavoce dei ristoratori teme infiltrazioni mafiose («ci sono già segnali poco confortanti, il crimine organizzato può comprare le aziende in crisi») e, per oggi, ha paura che la situazione sfugga di mano, che le manifestazioni di piazza possano andare fuori controllo per colpa di chi «non è imprenditore ma vuole infiltrarsi e creare caos come a Napoli, black bloc o ultras, ci sono presidi che non comprendiamo nemmeno se siano promossi da categorie serie o dai centri sociali». Un volantino firmato genericamente «popolo della movida» invita a ritrovarsi oggi alle 15 in via Algarotti 3, davanti alla Regione, per fare la «rivoluzione. É arrivato il momento, dobbiamo riprendersi ciò che è nostro». Sullo sfondo rosso, i pugni chiusi in segno di protesta. La temperatura è alta. E Confcommercio teme per la tenuta delle imprese. Il segretario generale Marco Barbieri riporta le stime in mano all'associazione e chiede «subito gli indennizzi». L'Ufficio Studi di Milano, Lodi, Monza e Brianza ha messo a confronto l'impatto dell'ordinanza regionale del 21 ottobre che aveva imposto chiusura dei locali dalle 23 con il Dpcm che ha anticipato alle 18. Prima i 2mila ristoranti del territorio avrebbero perso 10,4 milioni e i 2mila bar e pub con attività prevalentemente serale 31,4. La stretta imposta da Conte coinvolgerà oltre 9mila imprese e porterà a una perdita totale di 152,6 milioni (circa 59,3 per bar e pub serali, 9,8 milioni per 5mila bar e simili attivi di giorno e 83,4 per i ristoranti). Al conto aggiunge i 13 milioni in meno al mese per 19 grandi strutture no food che si trovano nei centri commerciali e devono rimanere chiuse nel weekend. «Ora che il governo ha deciso di chiudere interi settori deve prevedere il ristoro. Non si può chiedere alle categorie che hanno investito una montagna di denaro per rispettare le norme anti Covid di chiudere i battenti senza prevedere le risorse per dipendenti, affitti, bollette e fornitori - afferma l'assessore regionale al Bilancio Davide Caparini -, pensiamo al mondo dello spettacolo.
Una cosa è chiedere il rispetto delle regole, un'altra punire interi settori già messi a dura prova dalla crisi semplicemente perché non si è in grado di meglio organizzare le cose. Regione farà la propria parte ma noi non abbiamo una macchinetta per fare soldi per erogare gli aiuti, quella ce l'ha solo lo Stato e si chiama poter fare debito».
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