Il regista Lorenzo Loris: «Tra passato e presente non c'è differenza»

Il regista Lorenzo Loris: «Tra passato e presente non c'è differenza»

L'Out Off da anni in funzione in via Mac Mahon 16 dev'essere ormai identificato per l'accurata programmazione perseguita da anni dal suo direttore Mino Bertoldo e dal suo direttore artistico Lorenzo Loris, che ne cura con vigile attenzione le regie, come il secondo teatro stabile della nostra città.Per la varietà degli allestimenti che nulla concedono alla piatta commercialità imperante ma attraggono spettatori sempre più entusiasti, confortati e commossi dall'ineccepibile qualità degli allestimenti. Ne parliamo con Lorenzo Loris, un allegro cinquantenne dall'aspetto freak in bilico tra il Wim Wenders impegnato e scanzonato dei bei tempi dell'«Amico americano» e il furore dialettico da sempre adombrato nel profilo dell'ultimo Clint Eastwood. Cosa dica questo ragazzone che inalbera un candido cappellone da cowboy lo scopriremo subito scavando a ritroso nella sua biografia. Quando hai cominciato, gli chiediamo? «All'inizio della mia carriera c'e' stato un incontro illuminante con Carlo Cecchi che mi ha fatto capire come si scelgono gli interpreti di un testo e come si deve procedere, ancor prima che si inizino le prove, a renderli compatibili gli uni con gli altri». Va bene, e poi? «Ho avuto la fortuna di essere prescelto da Ronconi per uno stage. Erano gli anni in cui Luca dirigeva lo Stabile di Torino». Da lui cos'hai imparato? «Lo scavo analitico del testo, parola per parola, come una dissezione anatomica». Sono state due esperienze radicalmente diverse, questi due insegnamenti? «Certo, ma fondamentali. Da Cecchi ho imparato il genio e la sregolatezza, da Ronconi il furore di uno studio scientifico ed illuminante sulla partitura del copione, esasperante ma ricco di sorprese». Veniamo agli spettacoli che hai diretto in prima persona, dal «Guardiano» di Pinter che ha vinto tre anni fa il Premio della Critica a quella «Dodicesima notte» piena di insolite sorprese. Che differenza c'è nelle tue scelte tra i classici del passato e quelli di oggi? «Nessuna. Dato che Shakespeare rappresentava quello che allora era il presente storico e lo metteva ironicamente in discussione».

In che modo? «Penso per esempio ai giochi verbali e agli scambi più o meno volontari di sesso tra una donna creduta uomo o viceversa, proprio come accade appunto nella Dodicesima notte dove una crociera di piacere a tratti si tramuta in un incubo. Pressappoco come accade nel Guardiano. Il dramma di Pinter presenta una situazione anomala come e più della commedia del grande Will. Uno scherzo che presto si tramuta in dramma».

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