Giuseppe Scalarini (1873-1948), disegnatore, giornalista e scrittore, socialista di fede e liberale di spirito, fu, tra la fine dell'800 e i primi decenni del '900, un protagonista dell'emancipazione proletaria. Entrato nel 1911 all'Avanti! vi rimase fino al 1926, quando il fascismo soppresse la libertà di stampa. È difficile trovare un'efficacia grafica, una sintesi, una capacità comunicativa e un'inventiva basata sulla potenza del disegno come nella sua «penna pungente». A lui è dedicata una mostra che apre domani a Palazzo Morando e resta aperta fino al 6 gennaio. Ingresso libero.
Scalarini si oppose con intransigenza alla guerra, di cui intuì la «tremenda modernità» della sua capacità distruttiva. I suoi avversari erano i militaristi, i borghesi profittatori di guerra, gli agrari, i fascisti e i preti che spesso contrapponeva alla figura di Cristo. In un'Italia con milioni di analfabeti o semianalfabeti i suoi disegni avevano il valore di articoli di fondo. Fu una figura limpida, fermo nelle sue convinzioni e conseguente nei giudizi e nelle scelte. Quando il fascismo divenne dittatura a Scalarini fu impedito di firmare qualunque cosa, disegni o articoli.
L'astio di Mussolini nei suoi confronti veniva da lontano. Il duce era stato profondamente colpito dalla vignetta dell'Avanti! pubblicata nel lontano 23 novembre 1914, in cui veniva disegnato come un Giuda che accoltella il Psi, rappresentato da Gesù. Per sopravvivere Scalarini collabora ad alcune riviste, tra cui il Corriere dei Piccoli, con disegni rigorosamente non firmati. Negli ultimi giorni della Repubblica di Salò riceve la visita di Carlo Silvestri, un vecchio compagno socialista che collabora con Mussolini e gli porta i saluti del suo vecchio direttore. Scalarini lascia a Silvestri un messaggio: «Non porto rancore...». Dopo il fascismo si occupa anche di illustrazioni pubblicitarie, come testimoniano i bozzetti per il panettone Alemagna. La sua satira è quella di sempre. Accanto all'allarme per i rischi di una guerra nucleare e alla denuncia della povertà (un proletario morente in una casa spoglia che raccomanda alla moglie: «un funerale semplice, senza fiori») appaiono anche i temi più attuali: la figura di Gesù si oppone alla gerarchia cattolica che fiancheggia la Democrazia Cristiana («il prete politicante scaccia Cristo dalla Chiesa»). Così come Trieste che «dall'esame del sangue risulta italiana»: se fosse perduta il paese verrebbe mutilato e umiliato.
La polemica contro gli sloveni (disegnati con rozzi tratti somatici) e Tito è sprezzante. Il confine tra i due Paesi è segnato da due negozi: dalla parte italiana c'è una libreria, da quella slovena una bottega di polli. Nello stesso tempo invoca la costituzione degli Stati Uniti d'Europa dove «il socialismo deve spazzar via i confini per uccidere il nazionalismo». Il referendum per la scelta tra monarchia e repubblica è un argomento ideale per la penna di Scalarini, che trova anche espressioni di entusiasmo sportivo: «Vince la Repubblica che taglia il traguardo del Giro d'Italia». Quando la rottura nel Partito socialista tra Nenni e Saragat diviene inevitabile, Scalarini si schiera con Saragat. Tra le sue ultime vignette, due raffigurano un minareto su cui un muezzin sta pregando.
Il testo è quasi profetico: «Facendo della fede una legge secondo il Corano si ottiene il trionfo dell'Islam» e «mescolando politica e religione secondo il Corano si conquista il Paradiso».*Walter Galbusera è presidente della Fondazione Kuliscioff
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