Nolite iudicare, ut non iudicemini. Non giudicate, per non essere giudicati. Parole di Gesù nel Discorso della montagna (Matteo 7, 2 e poco diversamente in Luca 6, 37) che evidentemente il cattolicissimo assessore in Comune Marco Granelli non deve aver letto. O quantomeno capito se il suo giudizio, sinceramente deprecabile, non solo si abbatte sulle persone, ma arriva a maledirle (nel senso di dire male) o benedirle nel nome del padre. Cosa di cui nessuno può essere ritenuto responsabile. Il tema è ancora il voto a Sesto San Giovanni, l'ex Stalingrado d'Italia che la sinistra non si rassegna ad aver perso e ri-perso. «A Milano nord - sibila Granelli sui social - attenzione a come si vota. Può diventare senatore Isabella Rauti figlia dello storico fascista, fondatore di Ordine nuovo, oppure Lele Fiano figlio di un deportato nei campi di concentramento nazisti e fascisti».
Ecco il mostro, partorito da una mente, diciamo così poco accorta, come se non ci potessero essere figli di fascisti che sono brave persone o figli di deportati che brave persone non sono. E perfino, pensi assessore Granelli, anche fascisti che erano brave persone e magari deportati che non erano degli stinchi di santo. Il che, ovviamente, non giustifica assolutamente la loro deportazione, ma condanna le parole di Granelli a un razzismo genetico e biologico difficilmente giustificabile. Perché dire che su un figlio ricadono la responsabilità morale o la virtù di un padre, contraddice a qualunque legge del diritto e dell'umanità.
A meno di non pensare che i geni trasmettano il bene e il male di padre in figlio. Un confine difficilmente superabile perfino negli ultimi giorni dell'orribile campagna elettorale di una sinistra a corto di idee, ma non di veleno. E nella quale, e non era facile, riescono a svettare le parole di Granelli. Così deprecabili, ma specchio di quella solo presunta superiorità morale di una sinistra che dopo aver perso Sesto, ora fortunatamente perderà anche l'Italia. «Milano non può essere rappresentata da una figlia di un fascista, meglio il figlio di un deportato».
C'è
altro da aggiungere? Sì. La richiesta al sindaco Sala di dirci se queste parole siano accettabili e se si senta ancora a suo agio quando siede in giunta con un tale assessore. Facile immaginare che non arriverà risposta.
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