Le sensitive e la donna sparita «Sappiamo dov'è il suo corpo»

Le sensitive e la donna sparita «Sappiamo dov'è il suo corpo»

I resti di Patrizia Rognoni sarebbero nascosti nel Canton Ticino. Lo sostengono Bea e Lara, pseudonimi dietro i quali si celano due ottime investigatrici psichiche, da molti definite sbrigativamente (ed erroneamente) sensitive o medium. La prima, in particolare, ha utilizzato i poteri delle mente per captare i messaggi della meditazione in onde cerebrali theta (quelle prodotte dal cervello e dalle quali, per intenderci, anche Albert Einstein ricavava le sue intuizioni con un metodo definito «scientifico»). In seguito, gambe in spalla, le due donne hanno esplorato a lungo luoghi impervi e mai visitati prima, forse riuscendo davvero laddove gli inquirenti hanno più volte annaspato inutilmente. Solo queste due investigatrici che usano il pensiero ricavato dalla meditazione come «arma segreta» sono state capaci infatti di mettersi sulle tracce della madre di famiglia sparita misteriosamente il 16 settembre 2009 dalla sua casa di Castelveccana (Varese) e della quale non si è saputo più nulla. E hanno ricostruito con pazienza e precisione gli istanti precedenti e successivi la sparizione della donna in un libro scritto da Bea e intitolato «La scomparsa di Patrizia Rognoni».
Un lavoro fatto su indicazione e per volontà della stessa Patrizia, messasi in contatto con Bea attraverso messaggi espliciti ma anche poesie e rime baciate con un significato criptico, da decifrare e moltissime metafore. Un dialogo frammentario ma continuo. Durato dal 29 settembre 2009 fino al 16 febbraio di quest'anno. E che ha guidato le due donne, passo per passo, alla scoperta di quel poco che ormai resterebbe di lei.
«Dalle indicazioni che Patrizia ci ha più volte fornito sarebbe stata uccisa dopo un rapimento davanti alla sua abitazione - ci spiega Bea che presenta i propri metodi nel blog cronacainvestigativa.blogspot.com -. Un sequestro e un omicidio nel quale sarebbero coinvolte la massoneria e la criminalità organizzata, in particolare esponenti dell'ndrangheta. Spinti a uccidere da intensi legami con una persona che aveva un reale interesse per sbarazzarsi della donna. Per questo ho inviato il mio libro anche a Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria che ha scritto un'opera molto dettagliata sull'ndrangheta. Ecco: durante la nostra “indagine“ ci siamo ritrovate spesso a confrontarci con quanto racconta Gratteri, noto esperto della Direzione distrettuale antimafia. E abbiamo trovato analogie impressionanti con i racconti di Patrizia».
Nel libro Patrizia parla esplicitamente, e sin dal primo contatto con Bea, di chi ha ordito il suo assassinio. Una persona che, dopo averla minacciata più volte di morte, non avrebbe esitato, quella notte del 16 settembre 2009, a farla rapire da dei sicari. Uomini (ma anche una donna) che, dopo averla tenuta sequestrata una decina di giorni in un ex convento nelle vicinanze di Lugano, l'avrebbero in seguito eliminata definitivamente, facendola a pezzi e nascondendo i suoi resti nelle vicinanze di una vecchia casa abbandonata tra i boschi del Canton Ticino. «È lì che le forze dell'ordine dovrebbero cercare» spiegano Lara e Bea.


Ma perché, insomma, sarebbe stata uccisa Patrizia Rognoni? Secondo le due investigatrici psichiche, custodi delle sue confessioni, sia perché la donna conosceva i legami con la criminalità organizzata della persona già desiderosa di eliminarla, sia perché, proprio per ciò che la donna aveva scoperto, alcuni capi cosca («padrini» come li chiama la Rognoni nei suoi contatti) avrebbero deciso e imposto la sua fine a quella persona.
«Non ho fatto niente - conclude Patrizia in uno degli ultimi, strazianti dialoghi decifrati da Bea e Lara -, solo conoscevo fatti da galera sia di...che della sua banda e sapevo troppo...».

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