Sigilli alla ditta di rifiuti, Pm e antimafia indagano su chi ha acceso il rogo

Preoccupa la qualità dell'aria anche se sono escluse sostanze ad alta tossicità come solfiti

Sigilli alla ditta di rifiuti, Pm e antimafia indagano su chi ha acceso il rogo

Due ore e più di sopralluogo con gli uomini della polizia scientifica e i colleghi della Mobile che hanno visitato l'area della IpB: una decina le unità impiegate nella prima perlustrazione da quando l'indagine per il rogo nel deposito di rifiuti di via Chiassreni 21 è stata affidata alla questura. Accompagnati dai vigili del fuoco, i poliziotti ieri pomeriggio hanno congelato le prove, in previsione di apporre i sigilli all'impianto entro sera.

Osservazioni che saranno decisive, insieme alla perizia sulla spazzatura, affidata all'ingegnere Massimo Bardazza (lo stesso che si era occupato, dell'esplosione della palazzina di via Brioschi) per capire come quel rogo sia iniziato: se da più punti o solo da uno, e soprattutto per mano di chi. Il fascicolo aperto dalla pm Donata Costa parla di omicidio doloso. Ma è il perché la domanda più pressante: i pm lavorano a fianco ai colleghi della Direzione distrettale antimafia, guidata da Alessandra Dolci, per indagare sul traffico di rifiuti. E fare chiarezza su quella concatenazione di eventi: il sopralluogo della polizia locale, giovedì scorso, e un'attesa nuova visita lunedì che avrebbe portato, con tutta probabilità, al sequestro. In mezzo, domenica notte, le fiamme. Perché appiccare il fuoco, incorrendo in un reato così grave? Per nascondere cosa? La mancanza delle fideiussioni, da parte della IpB Italia, subentrata alla IpB srl, e di conseguenza la non regolarità delle autorizzazioni allo stoccaggio, non bastano forse a spiegare il disastro. E la città invasa dal cattivo odore.

Nel frattempo anche l'ultima fiammella è stata spenta ieri intorno alle 17. E si controlla che non ci siano «ritorni di fiamma». A riferirlo in commissione Ambiente a Palazzo Marino sono due tecnici, Franco Olivieri di Arpa ed Emerico Maurizio Panciroli, direttore sanitario dell'Ats, insieme all'assessore Marco Granelli.

Le preoccupazioni riguardano la qualità dell'aria. Più alto, rispetto alla prima rilevazione, il livello di diossine in zona: da 0,5 picogrammi per metrocubo, si arriva a 6,7. Sembrerebbe molto - se confrontato con lo 0,3 prolungato definito pericoloso dall'Oms - ma in realtà declassa il pericolo «a medio basso o inesistente» nel medio-lungo termine, visto che l'esposizione è stata circoscritta. «Si escludono sostanze a tossicità acuta come solfiti, ammoniaca, zolfo, cloro», ha garantito Panciroli, raccomandano attenzione anche alle mascherine: «Quelle sbagliate aumentano la concentrazione dell'inquinante respiratorio».

Si capisce anche meglio come era composto l'ammasso di ciarpame andato in fumo: «C'era di tutto e di più: plastica, tessuti,

legno, metallo, che hanno liberato nell'aria migliaia di sostanze con soglia olfattiva fastidiosa». Ma se a livello superficiale i rifiuti erano ammassati, sotto c'erano le ecoballe, responsabili delle molecole maleodoranti.

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