«Sono tutto mio padre ma un po’ più fortunato»

«Sono tutto mio padre ma un po’ più fortunato»

«Vado a lavare i panni sporchi di famiglia sul palcoscenico», dice. Ma Enrico Brignano è una vecchia volpe, e sa che quei panni, al massimo, «hanno solo bisogno di una piccola sciacquata». Tanto per ridere.
E ridere, negli spettacoli del mattatore romano cresciuto alla scuola di Gigi Proietti, è sicuro quanto le tasse. Molto più salutare di queste, tra l'altro. Brignano torna sulla piazza milanese con un recital dal titolo dichiaratamente amarcord -
«Tutto suo padre», da lui diretto e scritto con Mario Scaletta - in cartellone al Mediolanum Forum dall'1 al 3 marzo (ore 21, ingresso 57.50-34,50, info 199.128.800), per raccontare la sua parabola di comico e attore forse predestinato e forse no, cresciuto in una famiglia di matti ma comunque con una grande vena artistica.
Dopo il successo di «Sono romano ma non è colpa mia», coi suoi 200.000 spettatori conquistati, Brignano decide di andare oltre la sua romanità, e cioè indietro alle proprie radici, interrogandosi su di sé, sulla vita, le amicizie e i rapporti umani raccolti nel tempo. Un altro one man show, e in una cornice come il Forum, spazio solitamente destinato alle rockstar. Si può dire che Milano stravede per Enrico Brignano? «Si può dire, piuttosto, che Milano mi ha sempre amato. Io sono stato tra i primi a girarmi tutto l'hinterland milanese a colpi di spettacoli già anni fa. E l'hinterland è un termometro attento, oltre a un banco di prova: già in quella dimensione, nei teatri cittadini dove il pubblico parla ancora dialetto, vedevo che la mia romanità funzionava. Poi sono venuti i teatri della grande città come il Nuovo, lo Smeraldo, il Teatro della Luna».
Il titolo è una dedica a suo padre. Chi era?
«Un uomo straordinario, della generazione uscita dalla guerra. Era nato a Tunisi, nella comunità italiana in quella che era una colonia. Di origini siciliane, arrivò a Roma da profugo, per necessità. Si fece un negozio di frutteria e cominciò a vivere». C
Cosa pensò della sua idea di fare l'attore?
«Mi supportò senza remore, insieme a mia madre. Lui era un gran lavoratore, si svegliava prestissimo al mattino per ritirare la frutta, io da ragazzino avevo lavorato con lui e anche con mio zio muratore. Si fidava di me, sapeva che non avrei vissuto da fannullone. E poi c'era un patto: papà, gli dissi, se entro due anni non riesco a fare l'attore metto la testa a posto. Lui e mamma mi accompagnarono a iscrivermi alla scuola di Proietti. Sono stato fortunato".
E ora racconterà tutto nello show...
«Non solo di mio padre. Lo show ha le spalle larghe, un'orchestra di 13 elementi, 4 cantanti soliste con cui interagisco e canto, proiezioni di vecchie fotografie e di spezzoni di film, in cui appaiono miei illustri colleghi. Da 'Tutto suo padre' nascerà anche un libro omonimo, nel quale intervisto amici e parenti e parlo della realtà dei profughi italiani dall'Africa, una realtà semisconosciuta"
Successo in teatro, al cinema e in tv: i suoi monologhi alle "Iene" sono diventati di culto, un suo film-tv con Alessandro Gassman su Sky, "Un Natale per due", è stato battuto in share solo da "Avatar".

Cosa si aspetta a questo punto Enrico Brignano dal futuro?
«Non mi dispiacerebbe un ruolo drammatico. In fondo un comico ha sempre questa velleità. Mi piacerebbe lavorare con tre registi come Salvatores, Tornatore e Avati».

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