«Dopo il lockdown è successo qualcosa».
Il silenzio che segue certe frasi assume un valore. Quasi segnasse una linea di demarcazione, la pausa giusta che enfatizza i concetti che contano davvero. Giovanna T. ed Emanuela C., rispettivamente 52 e 55 anni, quel silenzio se lo prendono e lo fanno pesare tantissimo. Entrambe di professione impiegate e madri di figli tra i 17 e i 24 anni, non vogliono fornire ne cognome ne numero di cellulare. Ma di cose su piazza Napoli, dove abitano (Emanuela addirittura ci è nata, ndr) ne hanno da dire, eccome. E non si risparmiano, dilatano e restringono gli spazi delle loro frasi a piacere, talvolta a dismisura, come si fa con un elastico talmente resistente da garantire la più assoluta resistenza. Così parlano, per una mezz'ora abbondante, di questa zona a sud ovest di Milano nota, di solito, per la riqualificazione e per i locali, gli eventi, il Fuorisalone. E che abbraccia, cinturandoli, gli show room delle grandi griffe della moda, lo spazio espositivo «Silos» di Armani e il Centro culturale «Base», entrambi in via Bergognone, lo spazio di Moncler di via Solari e il Mudec, il Museo delle Culture di via Tortona. Un'area che di recente ha acquistato notorietà purtroppo per lo stupro di gruppo di una 49enne avvenuto proprio a due passi dal luogo dove ci mettiamo a chiacchierare con le signore, nella notte tra il 2 e il 3 luglio, ovvero tra il verde di piazza Napoli, un vecchio edificio dell'acquedotto trasformato in un dormitorio a cielo aperto e l'ufficio postale. Per la violenza sono finiti in carcere, grazie ai carabinieri, un ragazzo guineano e un egiziano, mentre il terzo complice è riuscito a fuggire.
«Il degrado della zona è palpabile, ci sono bivacchi ovunque» è l'esordio di Emanuela che, mentre parla, ci indica una rom che ha creato una sorta di tenda di cartone a ridosso di un vecchio chiosco di panini proprio davanti al cinema «Ducale». Il chiosco è chiuso da prima della pandemia e la straniera, urtata dai nostri scatti, attraverso quel giaciglio, copre un vero e proprio ingresso creato ad hoc e che la porta all'interno dei locali del vecchio punto di ristoro, dal quale, appunto, entra ed esce a piacere.
«Qui ci siamo sempre sentiti sicuri, le serate sono vivaci e anche se i dehors dei locali ci hanno sottratto molto spazio per il parcheggio delle auto, danno comunque una sensazione di gioia e di movimento, soprattutto per i nostri ragazzi - spiega Giovanna strabuzzando gli occhi azzurrissimi -. In un attimo da qui sei in Porta Genova e sui Navigli. Ma il quartiere si è riempito di gentaglia. Ci sentivamo una sorta di frontiera prima del Giambellino e del Lorenteggio. Adesso prendere il 14, la 90/91, la 61, la 50, che collegano la periferia con il centro, è diventato rischioso. I nostri ragazzi vengono derubati dei cellulari, gli anziani dei portafogli, ci sono tantissimi borseggiatori. L'altro ieri ho avuto paura mentre ero in fila per una pratica amministrativa davanti a una scuola guida, mi si avvicinavano certe persone...Tutti a chiedere soldi...Ma non si può! Per non parlare della ricicleria all'angolo tra viale Troya e il Ponte Guido Crepax...Quella è una zona che viene pulita solo durante il Fuorisalone. Normalmente è piena di bosniaci che chiedono di rovistare tra il materiale da buttare per poi abbandonarlo lì, sui marciapiedi. Ma il sindaco Sala? Dov'è? Noi lo abbiamo votato perché non c'era alternativa, siamo stati quasi costretti. Dopo le elezioni però non si è più visto?».
«I crimini tra minori aumentano in maniera imbarazzante - aggiunge Emanuela -. Mio figlio, che ha 17 anni e frequenta il liceo scientifico «Vittorio Veneto» di via Angelo de Vincenti, dove durante la pandemia dei giovani con la mascherina ne approfittarono per spaventare gli studenti fuori dalla scuola e rapinarli spingendo anche la preside a intervenire, è stato aggredito a novembre da due ragazzi di circa vent'anni mentre raggiungeva via Dezza in bici».
Ci fa parlare con il suo ragazzo che proprio in quel momento arriva in piazza: «Erano in due - racconta il giovane -, prima mi hanno chiesto una sigaretta, io ho risposto che non l'avevo, me l'hanno richiesta quindi mi hanno puntato contro un coltello per avere il mio telefonino. Ho inforcato la bicicletta e a tutta velocità ho raggiunto il bar dove ero diretto, dove mi hanno fatto entrare per calmarmi. Li ho riconosciuti: erano due giovani stranieri delle case popolari della zona intorno a via Polibio».
Dopo la violenza le signore lamentano la
mancanza di un presidio. «Non vediamo in giro nessuno che controlli. E questo è indice che questa zona non interessa a nessuno». E qui la pausa, il silenzio, prende il largo verso un tempo infinito. Quello dell'amarezza.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.