«Guardiamo con grande interesse alla sanità della Lombardia». Quando Marouan Abbassi, spontaneamente, cita il modello lombardo, le antenne dei delegati italiani si drizzano. Siamo nella sala riunioni della Banca centrale, uno dei tre principali palazzi del potere nel Paese in Tunisia. Abbassi è un esponente di spicco della classe dirigente locale, un élite di alto livello, storicamente legata alla Francia per cultura e formazione. Economista laureato alla Sorbona, vanta la titolarità di due master nelle università parigine e di una cattedra a Cartagine, ha fatto ricerca in Giappone e a New York e oggi è uomo della Banca mondiale. «Non avevo idea della sanità lombarda - racconta - poi ho partecipato a un convegno all'università di Lugano, con quella di Parigi, e un delegato ha presentato l'esempio della sanità lombarda con la sua cooperazione pubblico-privato. Ho visto un'opportunità straordinaria per la Tunisia». «Noi non siamo a quel livello - ammette - ma potrebbe essere una grande opportunitá, anche perchè c'è un controllo, le persone sono seguite e controllate e il livello della sicurezza della sanità è molto alto».
La questione non si limita al modello di cura dei cittadini tunisini: la Tunisia è un Paese emergente: ha un pil al 2,8% e una disoccupazione media al 15% (che vuol dire il 7-8% al Nord). Offre un buon livello di istruzione, storicamente ha proficui rapporti con l'Italia ed è vicina all'Europa in termini geografici e culturali. Tutto ciò la rende una potenziale meta di investimenti in ogni settore, e così si spiega la missione a Tunisia di una ventina di imprenditori rappresentati da Asigitalia, la associazione per lo scambio economico che ha sede a Milano ed è presieduta da Rossana Rodà.
Spazio per gli investimenti c'è anche nella sanità. «L'area della sanità non è ancora libera - spiega il governatore Abbassi - più avanti vedremo. C'è un investimento residente e uno non residente». Insomma, il settore non è liberalizzato ma il canale esiste già, per esempio nella forma della partnership. Qualcuno si sta già inserendo. In un resoconto sul secondo Forum sanitario franco-tunisino, uno dei principali quotidiani del Paese, La Presse, due giorni fa ha dato la notizia di un investimento francese da 27 milioni di euro sulle cliniche locali, in particolare nell'informatizzazione e nel settore farmaceutico-ospedaliero. A benedire il progetto, il locale ministro della Sanità e il direttore dell'Agenzia francese di sviluppo. La Francia ha finanziato due ospedali nei governatorati di Sidi Bouzid e Gafsa. Insomma, anche gli altri Paesi con le loro imprese, si danno da fare. Il Nord Africa, e potenzialmente l'intero continente, sono un mercato interessantissimo per la cosiddetta «silver economy», l'economia degli over sessanta, che oggi muove centinaia di miliardi e in futuro è destinata a crescere ancora, insieme alle aspettative di vita. Già oggi migliaia di italiani scelgono di godersi la pensione all'estero. La Tunisia, con 5mila presenze, è la terza meta dopo Malta e Portogallo. La vita costa poco, il clima è mite tutto l'anno, si beneficia di tasse molto basse e di altre agevolazioni. L'affitto di un buon appartamento costa 200 euro, si mangia bene al ristorante con 6-8 euro, i farmaci il 70% in meno. Considerati questi pensionati, e molti altri italiani ed europei - e forse non solo- non è difficile immaginare la Tunisia e le sue località di mare come il posto ideale per le degenze post operatorie, soprattutto in caso di interventi di media difficoltà, o di chirurgia estetica, o di terapie riabilitative. Il personale sanitario tunisino ha una discreta preparazione, tanto che molti medici finiscono per lavorare all'estero.
Dopo una adeguata formazione - magari in loco come qualcuno ipotizza - l'integrazione con i processi e gli standard ospedalieri italiani consentirebbe di ottenere un successo da ogni punto di vista: terapeutico per i pazienti, economico per gli imprenditori.
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