Uccise la moglie, pena ridotta: dall'ergastolo a 18 anni

Luca Fazzo

«Mia mamma non tornerà mai indietro, ma entrare in un'aula di tribunale e sentire come verdetto diciott'anni è una vergogna. Vuol dire che tutti in questo paese fanno quel cazzo che gli pare tanto te la cavi con poco». Gronda lacrime e indignazione, il commento che Valentina Belvisi, 26 anni, scrive appena uscita dall'aula dove suo padre è stato condannato per avere ammazzato sua madre. Il pubblico ministero Gaetano Ruta aveva chiesto l'ergastolo, ridotto a trent'anni per il rito abbreviato. Il giudice Livio Cristofano infligge solo diciott'anni, escludendo l'aggravante della crudeltà. Un verdetto duro da digerire, per Valentina: che sa come vanno le cose, e che tra meno di dieci anni quel padre padrone che per una vita ha tormentato e picchiato sua madre tornerà in circolazione. E si domanda come sia possibile escludere l'aggravante della crudeltà, davanti ai referti raccapriccianti dell'autopsia, e all'incredibile comportamento dell'uomo dopo l'omicidio.

Il 15 gennaio di quest'anno, Luigi Messina, verso mezzogiorno e mezza, nella casa di via Coronelli al Lorenteggio, aggredisce Rosanna Belvisi. Lo aveva fatto spesso, nel corso degli anni. Quel giorno, non si ferma alle botte. Prende un coltello dalla cucina e la colpisce a lungo, ripetutamente. I medici conteranno ventinove fendenti sul corpo martoriato della donna.

Poi Messina esce, va a mangiarsi un paio di babà, poi a giocare alle slot machine. Alle tre di pomeriggio torna a casa e chiama i soccorsi: «Venite, hanno accoltellato mia moglie».

La stessa cosa, si scoprirà poi, l'aveva fatta nel 1995: dopo avere (...)

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