Universitario suicida con l’elio L’aveva imparato su internet

Universitario suicida con l’elio L’aveva imparato su internet

Ieri mattina a Nuoro, in tribunale, la voce girava già. «È morto il figlio dell’avvocato, ma sì, il figlio maschio, il maggiore, che studiava all’università a Milano: dicono si sia sentito male all’improvviso stanotte, soffriva di numerose allergie...Adesso dovranno fargli l’autopsia».
Purtroppo quella di Pietro - 23 anni, figlio di un noto avvocato, che lavora e abita con la famiglia nel capoluogo di provincia sardo - non è stata una morte accidentale, ma un gesto premeditato e studiato. Lo studente di giurisprudenza ha scelto lui stesso di farla finita. E si è tolto la vita in un modo molto drammatico. Mercoledì notte ha aspettato di essere solo nell’appartamento milanese di via Olona, in piena zona Sant’Agostino, che condivideva con altri studenti. Poi ha agito in maniera quasi scientifica, infilando la testa in una busta di plastica sigillata e fissata alla base del collo con del nastro adesivo quindi collegata, tramite un tubo trasparente, a una bomboletta di gas elio, quello che si usa, ad esempio, per gonfiare i palloncini. Dopo essersi legato le mani con una cravatta, il ragazzo si è soffocato.
A trovare il cadavere sul letto, quando è rincasata poco prima delle 3 di ieri mattina, è stata Serena, un’altre 23enne nuorese, anch’essa studentessa universitaria che viveva nellomedesimo appartamento di Pietro e che, fino a due mesi fa, era la sua ragazza. La giovane, sconvolta, ha avvertito subito il 118 i cui medici, dopo aver constatato che per Pietro non c’era più nulla da fare, hanno chiamato la polizia sul posto sono arrivati due equipaggi delle Volanti.
Sono stati i poliziotti a rinvenire sulla scrivania della camera del giovane un foglio su cui Pietro aveva compilato una vera e propria lista con tutto l’occorrente per portare a termine il proprio suicidio.
Un modo che lo studente universitario aveva studiato via internet, come testimoniato dalle ricerche effettuate sul suo computer. Il sistema usato dal giovane per togliersi la vita, infatti, è diventato tristemente famoso alcuni mesi fa in California. Dove una pensionata ha «inventato» e commercializzato un vero e proprio «kit per il suicidio» composto proprio da una busta, da un tubo e da una tanica di gas elio in forma pura. Il kit, nelle intenzioni della donna sarebbe destinato a malati terminali che volevano porre fine alle proprie sofferenze, ma è evidente che Pietro ha pensato potesse fare anche al caso suo.
Il ragazzo, infatti, non ha lasciato biglietti di carta o messaggi online per spiegare le ragioni che lo hanno spinto a togliersi la vita: la polizia ha cercato un po’ ovunque nell’appartamento ma senza risultato. Serena ha raccontato agli agenti e agli ispettori giunti sul posto che il suo ex non aveva ancora accettato la fine della loro storia, ma anche che il ragazzo negli ultimi tempi aveva avuto problemi con l’università e con gli esami.
«Quello tra Pietro e Milano è un amore che non è mai sbocciato - ci ha spiegato ieri Valeria G., una disoccupata di Nuoro sostenendo di conoscere sia Pietro che Serena -, forse lui non si è mai inserito in quella città troppo grande».


La notizia del suicidio di Pietro ha colpito profondamente i nuoresi anche perché la famiglia del ragazzo è molto nota in città.
Oltre al papà e alla madre, il ragazzo lascia anche una sorella più giovane. Appena saputo della tragedia la famiglia ha cercato di raggiungere Milano il più in fretta possibile.

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