“Vi spiego perché sempre meno malati finiscono in rianimazione”

Ci sono meno pazienti gravi, ma non si può ancora abbassare la guardia. A dirlo è il direttore di Terapia intensiva dell’ospedale Sacco

“Vi spiego perché sempre meno malati finiscono in rianimazione”

Grazie a farmaci sempre più mirati, i reparti di Terapia intensiva cominciano a essere meno intasati e i pazienti che finiscono in rianimazione sono sempre meno. A dare una spiegazione in proposito è stato Emanuele Catena, 51enne alla guida del reparto di anestesia e rianimazione dell'ospedale Sacco di Milano, che a Quotidiano.net ha detto: “C' è meno pressione in terapia intensiva, le cure vanno meglio, ma occorre prudenza, la gente deve proseguire l' isolamento sociale, ci vuole disciplina”. In Lombardia non c’è ancora da cantare vittoria però. Il fatto che si liberino i letti in terapia intensiva e che altri pazienti prendano il loro posto, è perché alcuni guariscono, altri però muoiono.

Meno pazienti in rianimazione

E sul fatto che vi sia una diminuzione, anche a Milano, nel ritmo dei ricoveri, Catena è cauto e sottolinea che “se sarà confermata, lo dovremo a più circostanze concomitanti, ad esempio gli ospedali si sono attrezzati per aprire unità Covid, c' è un'offerta aumentata. Questo lieve trend in calo esiste, lo ammetto, ma potrebbe trasformarsi in un nuovo picco, se abbassiamo la guardia”. Contrario poi al messaggio fuorviante che descrive il Covid-19 come non così difficile da curare, e che con antinfiammatori e anticoagulanti i ricoveri si possono ridurre. Come confermato da Catena la terapia è stata sì ottimizzata, ma ancora non c’è quel farmaco che può fare la differenza. Il fatto che la situazione stia lentamente migliorando è grazie a diversi fattori.

Non curarsi da soli

Sull’uso di Clexane e cortisone, ha spiegato che è stato notato che “l' infezione da Covid-19 crea una imponente infiammazione sistemica, come altre patologie infettive. Esiste un fenomeno di microtrombosi, nei piccoli vasi del polmone, un sospetto che è diventata evidenza nel corso delle autopsie. Per cui diamo Clexane anche noi, valutando caso per caso”. Un farmaco che potrebbe avere un perché nel suo utilizzo, sempre che sia il medico a decidere se usarlo o meno. Nessuno deve pensare di potersi curare a casa da solo.

In ultimo, il pensiero di Catena è andato a tutti coloro che aspettano di fare esami e visite perché affetti da altre patologie. Quasi tutte le prestazioni mediche sono infatti state rimandate.

Come anche le risonanze magnetiche di controllo per chi è affetto da malattie neurodegenerative. “Mentre cala il picco, occorre ricordarci dei pazienti oncologici o cardiovascolari in attesa di operazioni che non possono più essere rinviate” ha concluso.

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