Il villaggio Crespi d'Adda torna a vivere e produrre

Il villaggio Crespi d'Adda torna a vivere e produrre

Mai dire mai, ovvero guai a smettere di credere nei miracoli anche in un momento in cui le industrie italiane chiudono, il patrimonio storico artistico va in pezzi per mancanza di fondi e la burocrazia - tutte le volte che può - mette i bastoni tra le ruote agli ultimi intraprendenti. E invece il piccolo miracolo è avvenuto in paese della Bergamasca, la frazione Capriate San Gervaso dove è sito il villaggio operaio di Crespi d'Adda, tra i più fulgidi esempi di archeologia industriale e di borghesia illuminata, un complesso architettonico di fine Ottocento oggi patrimonio dell'Unesco. L'industriale Antonio Percassi, patron dell'Atalanta calcio, ha acquistato lo storico stabilimento che dal 1878 fu dapprima opificio della famiglia Crespi per diventare poi sede di attività manifatturiere nel settore tessile con il passaggio alla Sti e poi alla famiglia Legler. L'ultima proprietà fu della famiglia Polli che produsse fino all'anno 2003. Poi, con la debacle del tessile, calò il de profundis e l'antico complesso di 135 metri quadri, più 36mila di bosco, rimase per dieci anni soltanto meta di un turismo colto e interessato alla bella storia della famiglia di industriali cotonieri lombardi che a fine Ottocento realizzò sulle rive dell'Adda il sogno di un moderno «Villaggio ideale del lavoro»: dove ai lavoratori venivano messi a disposizione una casa con orto e giardino e tutti i servizi necessari. Altri tempi, si dirà. Ma il colpo di Percassi è di quelli che generano un'iniezione di ottimismo per l'idea e per come l'operazione si è andata concreatizzando con il beneplacet - addirittura - della Sovrintendenza ai Beni architettonici per la quale nulla osta a che il suggestivo opificio possa ospitare il nuovo quartier generale del gruppo Percassi. «Sono entusiasta - ha dichiarato l'industriale bergamasco - di aver portato a termine questa operazione, poichè il villaggio di Crespi d'Adda è uno splendido esempio di cultura illuminata del lavoro. Sarà un onore per me poter trasferire qui la sede del gruppo, cercando al contempo di rilanciare questo sito, che merita un nuovo sviluppo, anche attraverso la promozione di attività culturali». Già, l'altro pezzo di miracolo sta nel fatto che, una volta reso agibile lo stabilimento senza intaccarne il valore storico-artistico (ma in realtà salvandolo dal degrado), Percassi intende posizionarsi sulla scia di quell'antico capitalismo illuminato che non si limitava a sistemare residenzialmente le famiglie degli operai ma, a Dio piacendo, si preoccupava anche dell'istruzione dei loro figli.
E allora il presidente del gruppo - che spazia dalla moda alla cosmetica, dal football agli immobili - promette che il futuro Crespi d'Adda non si limiterà ad ospitare uffici e centri di ricerca ma «diventerà anche un polo culturale e sede della neonata Antonio Percassi Family Foundation».

A dimostrazione che, anche nell'operoso nordest, c'è ancora chi è convinto che la cultura dia da mangiare, a maggior ragione adesso che si avvicina l'Expo che ha a che fare sia col cibo sia con la cultura sia con l'impresa. E, per non perder tempo, il patron dell'Atalanta ha già promesso che tutto sarà pronto entro l'anno 2015, in pole position per l'evento che attirerà in Lombardia venti milioni di persone.

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