Mills ha detto chi lo ha pagato Come possono condannarmi?

MilanoAlla fine, gliel’ha detta. Davanti a una macchinetta del caffè, in un triste corridoio del palazzo di giustizia oscurato dalle impalcature, faccia a faccia con il suo grande accusatore. Silvio Berlusconi e Fabio de Pasquale, imputato e pubblico ministero, durante una pausa del processo Mills. Roba da mandarglielo di traverso, il caffè. «Non riuscite a migliorare la vostra immagine - butta lì l’ex premier - e a togliervi dall’imbarazzo». Avvelenato, Berlusconi. Come ai vecchi tempi. Come quando era a Palazzo Chigi, e sentiva sul collo il fiato delle Procure di mezza Italia. Oggi come allora, il Cavaliere - qui accusato di corruzione in atti giudiziari - torna a parlare di «processo politico». De Pasquale glissa. Berlusconi, più tardi, rincarerà la dose.
Il tempo stringe, la prescrizione si avvicina, il calendario delle udienze è fitto come una tonnara. «È la dimostrazione dello stato preoccupante della giustizia», attacca Berlusconi. Perché «come si spiega la cancellazione di tutti i nostri testimoni e la fissazione di udienze in più rispetto a quelle previste a 72 ore dalla prescrizione, se non con un’intenzione negativa?». Tira una brutta aria, per il Cav. Tanto da fagli mettere le mani avanti. «Non riesco a capire come possano scrivere una sentenza di condanna quando quello che ha dato i soldi ha detto di averli dati, chi li ha presi ha detto che li ha presi e poi c’è il tragitto dei soldi. Non riesco a capire come possano». Ovvero - ragiona l’ex presidente del Consiglio - i 600mila dollari al centro del processo sono arrivati all’avvocato inglese David Mills dall’armatore Diego Attanasio, Mills l’ha ripetuto più volte come testimone in questo processo, eppure la sensazione è che una condanna sia nell’aria. «Non lo so, io mi aspetterei una sentenza immediata di assoluzione con formula piena per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste - insiste Berlusconi - invece hanno fissato tutta una serie di altre udienze che sembrano indicative di una volontà negativa».
Come ormai consuetudine, il corridoio del tribunale diventa una sala stampa improvvisata per qualche incursione nell’attualità del palazzo. Poi, anche un colloquio con Radio Montecarlo. «Il governo Monti dura? Chiedetelo a lui. Ma non gli dò consigli, non sono uso a darli a nessuno». E comunque, «di uscire dalla crisi ce lo auguriamo tutti». Spiega di non avere molta voglia di parlare di politica, perché «siamo in un momento in cui la politica non c’è». Ma quando gli viene chiesto del Carroccio, concede qualche battuta. «Con la Lega è tutto tranquillo, le tensioni si superano. Maroni è rientrato, credo che la Lega possa continuare a essere un partito unito». E la cena con Umberto Bossi e Roberto Calderoli di lunedì scorso? Silenzio. «Se non parlo - dice Berlusconi - è perché non posso. Sono tenuto al riserbo».
Ma la parentesi politica dura poco. Perché oggi è di nuovo scontro frontale con le toghe. Perché il processo Mills è «tutto paradossale», e poi «io non capisco come possano arrivare a sentenza» i giudici milanesi «quando c’è un testimone (Mills, ndr) che ha detto di aver inventato ogni cosa». Ovvero di aver ricevuto da lui del denaro per tacere nei due processi in cui era imputato il Cavaliere. Insomma, «è un processo politico», e con il succedersi delle udienze «la mia opinione è consolidatissima. E questo è lo stato veramente preoccupante della giustizia italiana». Sarà anche il tour de force che attende il dibattimento, a convincere l’ex premier che la sentenza sia già stata scritta. Ieri, oggi, il 31 gennaio. E poi il 3, 4, 6, 9 febbraio. Anche due, tre udienze a settimana da qui all’11 febbraio, quando i giudici dovrebbero entrare in camera di consiglio per prendere una decisione prima che la prescrizione mandi il processo in fumo. Per questo, insiste il Cavaliere, il processo «è politico».

«Mi vogliono condannare a tutti i costi», e tuttavia «se mi vogliono interrogare io sono pronto, non ho nulla da nascondere». Poi, prima di lasciare il tribunale, un’ultimo saluto. «Buona resistenza a tutti». E questa mattina si torna in aula.

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