Il minareto non lo vuole neanche Tettamanzi

Dopo le polemiche scatenate dalle sue dichiarazioni a favore di un luogo di culto per i musulmani il cardinale puntualizza: "Troppa grazia, non ho mai parlato di una moschea, ho solo detto che gli islamici hanno diritto a un posto dove pregare"

Il minareto non lo vuole neanche Tettamanzi

«Troppa grazia, sant’Antonio!» scherza il cardinal Tettamanzi, parlando di chi gli attribuisce il desiderio di costruire una moschea a Milano. Il modo di dire deriva da una storiella della vita del Santo, invocato da un uomo che non riusciva a salire a cavallo: subito dopo si ritrovò inspiegabilmente steso dall’altra parte della sella. Un po’ come è successo all’arcivescovo parlando dell’Islam. Qualche esagerazione e qualche omissione, dice lui all’inaugurazione dell’anno pastorale con i giornalisti, nel giorno della nascita di Maria, a cui è dedicato il Duomo.
«Mai usato il termine moschea» puntualizza dopo essere finito nell’occhio del ciclone per aver invitato a trovare una soluzione per i fedeli musulmani, secondo il principio che «gli islamici di Milano hanno diritto ad avere un posto dove pregare». Non una nuova moschea, magari con minareto, ma semplici luoghi di riunione e di culto. Il cardinale invita a «non aggiungere e non togliere» parti importanti dei suoi interventi, come quando sottolinea il necessario rispetto della legalità da parte dei musulmani. Ricorda: «Ho parlato di luoghi di culto per gli islamici, ma anche di sicurezza e di legalità, invitando a non dimenticare il complesso dei diritti e dei doveri». Insomma, no a chi lo dipinge con lo sguardo rivolto alla Mecca.
Il discorso vale anche all’incontrario, quando si esagera con la legalità dimenticando i diritti umani. Il cardinale è convinto che ciò accada nel caso dei bimbi nomadi le cui famiglie sono state sgomberate da via Rubattino: «Non basta il necessario richiamo alla legalità e alla sicurezza, ma occorre non dimenticare che al centro sta la dignità della persona e che ai bambini rom di via Rubattino si deve dare la possibilità di cominciare l’anno scolastico». Per questo «ci vuole lungimiranza nell’affrontare problemi come quello relativo agli sgomberi, soprattutto se è stata offerta una possibilità di integrazione». Parole che provocano le prevedibili reazioni della Lega. «Tettamanzi ospiti i nomadi nelle proprietà della Curia» è la provocazione del segretario milanese, Igor Iezzi.
L’arcivescovo non esclude iniziative clamorose per il prossimo Natele: «Anche la Chiesa di Milano e io stesso dobbiamo spogliarci ancora di molte cose». Assicura di non essere preoccupato dagli attacchi. «Ho detto cose scomode? Penso di aver detto anche cose belle e stimolanti. Mi tormento quando scrivo le omelie, perché è affascinante seguire il Signore anche se costa fatica e a volte bisogna dire cose scomode. Non ho problemi a essere accusato o incensato, anche Gesù Cristo ha avuto bei momenti in casa di Marta e di Maria ma anche momenti difficili, a opera dei suoi».
Si parla di politiche e delle elezioni comunali in arrivo. Quali temi vorrebbe vedere nei programmi dei candidati? «Penso che il vescovo non possa entrare nella campagna elettorale - premette - ma ringrazio quelli che si buttano nella mischia e spero che ci sia interesse per il bene comune». In concreto, cita «l’interesse agli ultimi, perché i primi sono già arrivati» e «un’Expo lungimirante» che interessi la città ma anche altri continenti, pensata oggi ma che guardi anche al futuro. Poi un appello alla politica ad essere operativa: «Si sentono molte parole, qualche opera in più non guasterebbe. Serve una politica che non parli solo di se stessa e delle alleanze interne, ma che si occupi dei problemi che interessano davvero alla gente».
Tra i temi urgenti la crisi, che spinge a prolungare anche per il 2011 il Fondo Famiglia Lavoro, che ha raggiunto quota 9 milioni. L’anno sarà dedicato al copatrono milanese, l’arcivescovo Carlo Borromeo. «Santi per vocazione» è il titolo della lettera aperta a tutti i fedeli. «C’è un estremo bisogno di santità, anche nell’economia e nella politica» spiega il cardinale.

«La società deve essere santa anche in una chiave laica e di ragione, perché è da ricercare una società ricca di bontà, desiderosa di giustizia e aperta alle situazioni laceranti». Un discorso che vale anche per i politici: «Anche Dio entra nella politica, perché alla fine tutti dovremo rendere conto a Lui».

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