Tra le «Mine vaganti» di Ozpetek spunta il solito omosessuale

CAST È un film corale nel quale recitano anche Ilaria Occhini, Elena Sofia Ricci e Nicole Grimaudo

BerlinoÈ un film da concorso, Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek piuttosto che da «Panorama», ovvero la serie B della Berlinale, dove è stato presentato ieri a un pubblico entusiasta. Una commedia a tratti tragica, che mette in scena non solo il problema dell’omosessualità e del dichiararla ai genitori, ma anche i così detti «panni sporchi» di famiglia: disobbedienza, tradimento, silenzio, pudore e psicosi varie. Abbiamo incontrato Riccardo Scamarcio e Elena Sofia Ricci - parte di un cast ben più numeroso - e il regista Ferzan Ozpetek, felice di un’altra presenza al Festival di Berlino, che tuttavia sottolinea: «Resto più grato a Cannes, che fece la mia fortuna accettando Il bagno turco, rifiutato a Berlino. Kosslick si è riscattato solo qualche anno più tardi con Le fate ignoranti». Poi ci racconta del movente di questo film: «Volevo parlare di una famiglia che fosse pronta a diventare moderna e comunque fiera della sua tradizione. In questo film parlo di mio padre. Attraverso gli scontri dialettici si matura, per questo spesso sono i nostri nonni ad accettare certe cose, prima dei genitori mettendo pace dove invece c’è il pericolo di scontri, spesso gravi. Ciò dipende dalla loro saggezza, acquisita alla fine di un lungo percorso di vita e amore. Nel ruolo della nonna ho dunque scelto Ilaria Occhini: il suo volto e le sue movenze sono simboli di comprensione. È lei la chiave di lettura di tutti i rapporti. Spetta a questa figura il merito di aver riunito la famiglia, attraverso un gesto forte, che non va letto come un gesto disperato, ma come sacrificio».
Riccardo Scamarcio considera il suo ruolo di omosessuale interessante e per nulla difficile da costruire: «Non ho dovuto fare grandi sforzi, perché non ho mai pensato al mio personaggio attraverso il filtro gay. Lui ha invece una verità ben più grande e difficile da tirare fuori: vuol fare lo scrittore, contro tutte le aspettative di famiglia». Poi continua parlando dei rapporti: «Non sono sempre dei genitori tutti i torti, ma anche dei figli, che danno per scontate certe loro reazioni piuttosto che altre. Questo resta il mistero più grande per me». E poi con tono liberatorio si pronuncia rispetto all’Italia e alla questione gay da un podio tedesco, spesso troppo critico verso il nostro Paese: «Non sono l’ambasciatore degli omosessuali, non credo ne abbiano bisogno, né che siano davvero da difendere. I casi d’intolleranza e violenza ai gay sono ben pochi ormai; si tende a esagerare piuttosto che a vedere la verità delle cose. La nostra è una società libera che sta facendo tanto per evolversi». L’orgoglio nazionale coinvolge anche Ozpetek, che aggiunge: «Io sono un turco che si è trasferito in Italia per una scelta precisa: fare cinema. È un Paese di cui mi sono innamorato e quando ami, accetti anche i difetti». Sempre ironica e dalla verve comica, anche nel timbro di voce è Elena Sofia Ricci, nel ruolo geniale di zia frustrata e disperata. Ne parla come di un omaggio a Ozpetek: «Ho dovuto sintetizzare il carattere di tre sue zie realmente vissute. Quindi più mi avvicinavo alle sue aspettative, più leggevo nei suoi occhi la commozione di rivederle attraverso la mia recitazione. Uno sforzo fatto anche per gratitudine: Ferzan, mi ha riportata al cinema.

Sono stata troppo tempo in teatro e il ritorno sul grande schermo era qualcosa di atteso e ricercato». I toni da melodramma della Ricci tovano Ozpetek complice nel concludere cinico e autoironico: «Quando ero bambino andavo al cinema con il fazzoletto in tasca, perché mi sceglievo sempre storie strappalacrime».

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