Al comando della Guardia di finanza c’era un mezzo delinquente, anzi un mezzo golpista. Il generale Roberto Speciale gestiva le Fiamme gialle in maniera personalistica, con totale mancanza di prudenza e riservatezza. Col suo comportamento è venuto meno alle regole deontologiche, ma ha fatto venir meno anche «l’autonomia di un corpo militare dello Stato», trasformandolo in una specie di corpo separato. Tommaso Padoa-Schioppa non ci è andato leggero con l’ex capo della Gdf. Eppure, se si tolgono le frasi roboanti, del discorso del ministro dell’Economia non resta nulla, anzi appaiono evidenti i motivi per cui Speciale è stato destituito. Il ministro ha evitato di spiegare le ragioni che, con la massima urgenza, indussero il suo vice Vincenzo Visco a chiedere la rimozione dei vertici delle Fiamme gialle in Lombardia e non ha formulato una sola accusa contro il comandante generale defenestrato. Ripulito dalle citazioni, dell’intervento di Padoa-Schioppa resta un solo elemento: Speciale è stato rimosso dal comando generale perché s’è opposto alla lottizzazione della Guardia di finanza. Basta rimettere in ordine i fatti per capirlo. Padoa-Schioppa incolpa il comandante generale di mancanza di trasparenza. Ovvero: non concordava preventivamente con Visco nomine e spostamenti all’interno della Gdf. Il generale Speciale, in ossequio alla legge, decideva autonomamente, senza prendere ordini dal viceministro. Più che una colpa mi pare una virtù, che meriterebbe un encomio.
Tps, così viene chiamato il ministro che ha delegato l’Economia al suo braccio destro Visco, imputa al generale mancanza di prudenza e di riservatezza. In una parola, di fronte all’arroganza del viceministro che pretendeva senza motivo di trasferire gli ufficiali milanesi, Speciale non sarebbe stato zitto. Si sarebbe ribellato. Avrebbe messo a verbale le pressioni e le minacce. Non ho esperienza militare, ma, confrontato con l’opportunismo di tanti «Signorsì», ritengo che anche questo atteggiamento meriti una medaglia. E poi? Che altro ha commesso l’ex comandante generale per essere bruscamente licenziato? Di quali gravi manchevolezze s’è reso responsabile oltre a quella di non aver chinato il capo dinanzi a Visco? Nel discorso di Padoa-Schioppa non si trova accenno a nessun’altra colpa. Del resto, se Speciale fosse quel malandrino ora descritto dal centrosinistra, perché Tps venerdì pomeriggio gli avrebbe offerto un posto alla Corte dei conti, che non solo avrebbe garantito al generale un incarico sicuro per i prossimi 10 anni, ma anche uno stipendio di 120mila euro l’anno, che si sarebbe sommato alla sua pensione di ufficiale dell’esercito? Perché il governo avrebbe voluto premiare un comandante fellone e anche un po’ golpista? Forse ne voleva comprare il silenzio?
L’intervento del ministro dell’Economia invece d’allontanare le ombre ne ha allungate di nuove sul governo e sulla maggioranza che lo sostiene. Se si è disposti a destituire – o, meglio, ad avvicendare, per usare la terminologia cara al presidente del Consiglio – un altissimo ufficiale nonostante costui non si sia macchiato di alcuna colpa, qual è la posta in gioco? Cosa si deve difendere o nascondere?
Certo non può sfuggire che, nel giorno in cui Tps tentava di salvare il governo infangando un militare, il gip di Milano toglieva il segreto alle intercettazioni dei politici sul caso Unipol e sul quotidiano La Stampa spuntava un dossier che tirava in ballo conti esteri del vicepremier Massimo D’Alema. Un fascicolo per ora senza alcun riscontro, ma che ha fatto fremere la maggioranza e sul quale indaga la Procura di Milano. E sempre i Pm del capoluogo lombardo stanno lavorando su un pacchetto di azioni legate alla scalata Unipol e accumulate – come riferisce l’agenzia di stampa Radiocor – in un conto svizzero. Vi parrà strano, ma quei titoli sono stati trovati dalla Guardia di finanza.
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