Mio caro Mussolini (mi stupisco di voi e del popolo italiano). Io ho rischiato tutto, ho fatto tutto, ho avuto tutto.
Sono padrone di Fiume, del territorio, d'una parte della linea d'armistizio, delle navi; e dei soldati che non vogliono obbedire se non a me.
Non c'è nulla da fare contro di me. Nessuno può togliermi di qui. Ho Fiume; tengo Fiume finché vivo, inoppugnabilmente. (E voi tremate di paura! Voi vi lasciate mettere sul collo il piede porcino del più abbietto truffatore che abbia mai illustrato la storia del canagliume universale. Qualunque altro paese - anche la Lapponia - avrebbe rovesciato quell'uomo, quegli uomini. E voi state lì a cianciare, mentre noi) lottiamo d'attimo in attimo, con un'energia che fa di questa impresa la più bella dopo la dipartita dei Mille.
(Dove sono i combattenti, gli arditi, i volontari, i futuristi?) Io ho tutti soldati qui, tutti soldati in uniforme, di tutte le armi. È una impresa di regolari. (E non ci aiutate neanche con sottoscrizioni e collette.) Dobbiamo fare tutto da noi, con la nostra povertà. (Svegliatevi! E vergognatevi anche).
Se almeno mezza Italia somigliasse ai Fiumani, avremmo il dominio del mondo. Ma Fiume non è se non una cima solitaria dell'eroismo, dove sarà dolce morire ricevendo un ultimo sorso della sua acqua. (Non c'è proprio nulla da sperare? E le vostre promesse? Bucate almeno la pancia che vi opprime, e sgonfiatela.
Altrimenti verrò io quando avrò consolidato qui il mio potere. Ma non vi guarderò in faccia).Su! Scotetevi (pigri nell'eterna siesta). Io non dormo da sei notti; e la febbre mi divora. Ma sto in piedi. E domandate come, a chi m'ha visto. Alalà.
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