Un mito le chitarre di Hall e Frisell ma grandi anche Rea e gli italiani

OrvietoLa diciassettesima Umbria Jazz Winter si è conclusa. Dopo cinque giorni di musica a ogni angolo di strada, sono tornati la pace e il silenzio nei vicoli medievali di Orvieto che ha ospitato la diciassettesima «Umbria Jazz Winter». Forse la migliore edizione del Festival che ha richiamato un pubblico ancor più vasto che in passato. Inoltre, l’«Umbria Jazz» invernale è risalito con un colpo d’ala dal guaio in cui l’aveva cacciato un anno fa Joao Gilberto, star del cartellone che dichiarò forfeit dopo essere stato previsto come protagonista di numerosi concerti.
Questa volta la rassegna, dedicata al sassofonista Gianni Basso scomparso nello scorso agosto, si è cautelata scegliendo tre linee guida: alcuni ottimi artisti residenti, la chitarra come strumento principale e il duo. Il successo è stato totale con tanti episodi da ricordare. Il primo al Teatro Mancinelli è merito dei mitici chitarristi Jim Hall e Bill Frisell che hanno suonato in duo e in quartetto con Scott Colley contrabbasso e Joey Baron batteria, eccellenti come sempre. A chi non abbia potuto essere presente ai loro concerti si consiglia l'ascolto del doppio cd Hemispheres. Bisognava vederli, quei due, quasi padre e figlio (Frisell è stato discepolo di Hall), con Hall ridotto assai male da una recente operazione alle ossa ma per fortuna intatto nel pensiero e nelle mani, e Frisell che dialogava con lui da pari a pari sorridendogli affettuoso e trepido.
A proposito di padre e figlio, John Clayton contrabbasso e Gerald Clayton pianoforte lo sono davvero, e hanno mandato in visibilio il pubblico con musica non nuova ma stupenda. John si è esibito in duo anche con John Patitucci: due diverse generazioni al contrabbasso che, dati gli strumenti «difficili», avrebbero dovuto richiamare uditori limitati e invece hanno destato entusiasmi clamorosi. Il meglio è venuto anche dalla partecipazione italiana, specie dal Trio di Roma costituito da Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto, primattori da anni del jazz nazionale che si sono riuniti per dare vita a un magnifico trio affiatato, ricco di esperienza e di novità nel repertorio. E poi non siano dimenticati i concerti multimediali pomeridiani di Fulvio Sicurtà, tromba (una rivelazione per chi non lo conosceva), Enzo Pietropaoli contrabbasso, Massimo Achilli interventi visivi e di Rita Mele con i suoi incantevoli dipinti musicali, o meglio con il suo «colore del silenzio». E infine l’inarrestabile pianista Renato Sellani, comprimario per mezzo secolo di Gianni Basso, che ha allietato le notti di Orvieto in trio con Massimo Moriconi e Massimo Manzi.


Una citazione merita il battesimo a «Umbria Jazz Winter» di una nuova casa discografica italiana, la My Favorite Records di Patrizio Romano giustamente festeggiata. Il momento attuale non è favorevole ai discografici, ma si dice che la fortuna aiuti gli audaci. Tanti auguri.

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