Miu Miu, donne come statue déco

Nella collezione Prada, l’energia dello sport si mischia con tessuti preziosi e reti che creano l’effetto pizzo

da Parigi

Perfino gli stilisti sembrano stufi dei luoghi comuni che nel mondo della moda stanno sostituendo la ricerca creativa. Così ieri, ultima giornata di sfilate parigine per il prossimo inverno, s'è visto e sentito di tutto. «Ho scoperto che non sono un couturier e neppure una sarta: m'interessano le idee, cose nuove da raccontare con i vestiti», ha detto Miuccia Prada prima di far sfilare una collezione Miu Miu sorprendentemente sportiva nella stagione del glamour a tutti i costi, dello studio di forme e volumi da alta moda senza il sapore della contemporaneità.
«Non m'interessa fare abiti per vendere profumi e cosmetici: voglio vestire donne vere con sogni, desideri, lacrime e sorrisi, una vita reale dietro all'immagine», dice invece Alber Elbaz che ha costruito tutti i meravigliosi modelli di Lanvin utilizzando il nastro al posto del tessuto per regalare leggerezza e aerodinamicità. Marc Jacobs è uscito sulla passerella di Louis Vuitton mentre il pubblico stava ancora entrando in sala gridando: «Accomodatevi, per favore, noi siamo pronti». Il designer americano che disegna la griffe più importante del Gruppo LVMH (il colosso del lusso con un volume d'affari sui 16 miliardi di euro l'anno) è rimasto scottato dalle furiose polemiche scoppiate lo scorso ottobre per i faraonici ritardi delle sue sfilate. Così lo show Vuitton inizia 15 minuti esatti dopo l'orario fissato e passerà alla storia più per questo che per la forza di una proposta in cui si fondono le forme create negli anni Ottanta da Krizia e Armani con accessori surreali (dalle scarpe montate su un piedestallo da 17 centimetri ai cappellini via di mezzo tra il kepì turco e le sculture di Elsa Schiaparelli) e colori presi dal make up: verde-ombretto, rosa-cipria, nero eye-liner.
Le modelle di Miu Miu sembravano quasi statuette decò pur avendo la moderna energia dello sport espressa nel modo meno convenzionale. Infatti la grande signora del made in Italy ha usato tessuti preziosi anche accoppiati tra loro oltre alla rete che nei capi tecnici garantisce la traspirabilità ingigantita fino a creare un effetto pizzo. Sotto ai modelli dalle maniche a raglan c'erano spesso delle tutine colorate lunghe fino al ginocchio. In testa le cuffie da cui spuntava la coda di cavallo, ai piedi scarpe con tacchi scolpiti nelle forme della grafica anni Trenta, sugli abiti le cifre personalizzate in pelle: le modelle di Miu Miu facevano pensare alle eroine dei cosiddetti Shojo Manga, i fumetti giapponesi per ragazze. In più c'era il coraggioso intento di sparigliare i giochi che è la miglior cifra stilistica di una donna capace di definirsi «modaiola» pur essendo la mente creativa delle due griffe a cui bisogna sempre guardare per capire dove sta andando la moda. Non è un caso se il business di Prada supera 1.3 miliardi di euro e quello di Miu Miu dopo 5 sfilate parigine ha raggiunto i 220 milioni.
Inutile paragonare questi risultati economici con quelli sicuramente meno eclatanti di Lanvin. Ma se una donna vuole sentirsi amata, rispettata e abbellita da uno stilista deve rivolgersi a questa griffe.

Disegnata da un piccolo genio capace di trasformare i nastri in gros grain e bacchette di cristallo nel tubino color petrolio e quelli di pesante seta cammello nel più bel cappotto del mondo. Quanto a Vuitton non si può certo discutere il talento di Marc Jacobs. Ma stavolta era difficile desiderare qualcosa tranne i magnifici bijoux che però sono creati dalla sua musa: Camille Miceli.

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