«La moda è una droga il tempo mi guarirà»

Non è da tutti uscire di scena e rimanere comunque protagonisti. Valentino Garavani ci sta riuscendo alla grande. Lo scorso settembre ha annunciato il suo imminente ritiro dalle passerelle, in gennaio c’è stata l’ultima indimenticabile sfilata di una collezione d’alta moda disegnata da lui, ma adesso il Musée des Arts Décoratifs del Louvre di Parigi gli dedica una gigantesca retrospettiva (dal 17 giugno al 21 settembre) intitolata «Valentino, Thèmes et variations» come il volume scritto da Pamela Golbin (Rizzoli, 299 pagine, 50 euro). La mostra (250 abiti con tutti gli accessori del caso) verrà inaugurata dopodomani con un pranzo di gala per 230 persone tra cui Gwyneth Paltrow, Charlize Theron e i giovani principi di Monaco. «Carla Bruni dovrebbe fare un salto in giornata perché purtroppo quella sera ha un impegno ufficiale all’Eliseo» annuncia Valentino. Il suo storico socio e braccio destro, Giancarlo Giammetti, sottolinea che per la prima volta il prestigioso museo parigino apre le porte a un couturier italiano. I due stanno applicando alla moda il principio dell’apostolo Paolo: «Essere nel mondo senza essere del mondo». E insieme fanno il punto della situazione.
Cosa avete fatto nei primi mesi senza lavoro?
«Ci siamo disintossicati. La moda è come una droga: ne hai bisogno, non vedi altro, non pensi ad altro. Noi abbiamo sempre tentato di conciliare la vita privata con quella professionale, ma a certi livelli diventa molto difficile. Uscire da tutto ciò è stato bellissimo anche se questo mondo può essere davvero crudele».
In che senso?
«C’è tanta gente che crede di farci piacere venendo a dire che la ditta va male, come se fosse possibile gioire di una cosa simile visto che si tratta di una nostra creatura. Una volta usciti dalla porta, non puoi smettere di pensarci visto che apri i giornali, vedi i vestiti, la storia continua. Infatti guardiamo con attenzione e preoccupazione a come viene gestita la Valentino».
Avete motivo di preoccuparvi?
«I cambiamenti radicali sono sempre rischiosi. Adesso siamo alla prova del nove, il momento della verità è arrivato».
Però in occasione della prima sfilata di Valentino senza Valentino lei Giammetti disse un gran bene di Alessandra Facchinetti. Che fa, si rimangia la parola?
«Neanche per sogno: è una ragazza carina, gentile, molto dolce e rispettosa del lavoro di Valentino. Se davvero c’è qualcosa che non va la responsabilità non è sua ma di chi la coordina».
Parliamone...
«Assolutamente no, siamo qui per parlare della mostra e di quel che stiamo facendo. Siamo pieni d’impegni e progetti».
Valentino, che progetti avete?
«Personalmente farò una grande collaborazione con il teatro più prestigioso del mondo per un’opera che andrà in scena nel 2010. Oltre a disegnare i costumi avrò voce in capitolo anche per la scelta di regista e scenografo: un’esperienza esaltante. Ci sono tante cose che vorrei imparare, per esempio non so niente di computer: Giancarlo si è divertito moltissimo quando gli ho chiesto di comprarne uno usato perché mi sembrava assurdo buttare via molti soldi se poi l’informatica non fosse fatta per me. Ho così scoperto che oggi i computer sono alla portata di tutti, posso permettermi di comprare un portatile bellissimo senza rovinarmi».
Cosa c’è di diverso rispetto all’esposizione organizzata nel 2007 all’Ara Pacis?
«Sono due cose molto diverse. Tutti gli abiti esposti qui rappresentano i temi che mi sono cari da sempre con tutte le successive variazioni. Per esempio c’è un vestito rosso, corto, con la gonna a palloncino e una serie di drappeggi creato nel 1959, quando ancora non esisteva la mia griffe. Lo stesso modello riveduto e corretto nelle proporzioni è stato indossato da Jennifer Aniston alla notte degli Oscar di due anni fa».
Ha più ripreso in mano la matita?
«Una sola volta, per disegnare un vestito di Dolce & Gabbana indossato da Naomi. Eravamo vicini di barca con Domenico e Stefano all’ultimo Festival di Cannes, lei si stava preparando per la sua festa di compleanno e indossava questo bellissimo modello tempestato di cristalli. Così ho fatto una specie di ritratto per regalarglielo e lei era contentissima: ha detto che lo metterà tra le illustrazioni di un libro autobiografico su cui sta lavorando».
Dunque non avete smesso di frequentare personaggi del mondo della moda?
«Sarebbe assurdo. Vediamo molto Donatella Versace, Karl Lagerfeld, oltre, naturalmente, a Dolce & Gabbana con cui ci siamo divertiti tantissimo a Cannes. Per il mio compleanno Giancarlo ha organizzato un surprise party a New York dove c’erano molti stilisti americani come Zac Posen, Marc Jacobs e Donna Karan. Poi ci sono i grandi eventi mondani tipo l’annuale cena organizzata da Anna Wintour al Metropolitan Museum. Si è svolta tre settimane fa ed è stato un evento memorabile perché finalmente potevamo prendere le distanze dai meccanismi della moda. Per la prima volta ci siamo potuti concedere il lusso di fare una selezione ad esempio con la stampa.

Non siamo più costretti a salutare tutti, possiamo scegliere in base al valore umano, mentre prima dovevamo pensare anche a quello della testata che il singolo giornalista rappresenta».
Chi non avete salutato?
«Tanta gente».

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