Moda, la replica degli stilisti italiani "E' la crisi a far fallire le aziende"

E sulle passerelle di Parigi sfilano cappotti creati in laboratorio: grazie alle nanotecnologie fondono pelle, tessuto e pelliccia

Moda, la replica degli stilisti italiani 
"E' la crisi a far fallire le aziende"

Parigi - È uno dei nomi citati nel clamoroso articolo sugli stilisti che farebbero fallire le aziende italiane pubblicato ieri da Il Giornale, ma Ennio Capasa, fondatore e anima creativa di Costume National, proprio non ci sta.

«Produco quasi tutto in Veneto ma non so per quanto tempo potrò resistere con il made in Italy: purtroppo non ho mai pagato 40 euro per un abito o per una giacca» dice da Parigi poco prima di far sfilare la collezione donna del prossimo inverno. «Ci vogliono anche nove lavorazioni sul singolo modello - ammette Capasa -, è una collezione molto complicata, ispirata da un concetto chiamato Morphing che corrisponde al desiderio di unire organico e inorganico, natura e futuro, la vita nei boschi di Henry David Thoreau e la fantascienza di Asimov». Cappotti che, grazie alle nanotecnologie, fondono pelle, tessuto, pelliccia con la maglieria di ogni peso e consistenza, oppure strepitosi ricami effetto corteccia che in realtà sono proprio fatti con scaglie di pigna dorate a mano e ricoperte una per una in voile. Da una parte ci sono stilisti come Capasa che riescono a immaginare simili meraviglie, dall'altra c'è chi le sa produrre, di solito dei laboratori che lavorano per conto terzi. Allora perché solo in Veneto nel 2009 sono falliti 240 terzisti di tessile-abbigliamento, come il signor De Bortoli, intervistato dal nostro Lorenzetto? «Nel mondo della moda abbiamo vissuto uno tsunami - sostiene Capasa -, i volumi sono scesi anche del 40 per cento e il mercato non privilegia più il made in Italy.

Un tempo ci salvavamo con la svalutazione tra lira e dollaro, mentre adesso con l'euro non abbiamo più scampo. Stiamo vivendo quel che ha vissuto la Francia 40 anni fa. E temo che sarà sempre peggio. Il signor De Bortoli è vittima di una modernizzazione crudele». Dello stesso avviso è Antonio Marras che oggi a Parigi presenterà la collezione con cui lui festeggia sei anni alla direzione artistica di Kenzo, ma la storica griffe controllata dal Gruppo LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy) apre i festeggiamenti per il quarantennale dalla fondazione.

«Stilisti strozzini? Io parlerei piuttosto dei manager - dice Marras -, credo che ormai sia assodato: una cosa costa 5 e viene venduta a 500. Però a monte c'è un problema di struttura: la fatica per far quadrare i conti di un'azienda in Italia è a dir poco pazzesca. Il costo del lavoro da noi è talmente alto che ogni imprenditore è come se avesse un socio al 60 per cento. Da qui la corsa alla delocalizzazione». Nel caso della linea che porta il suo nome, lui non ha ancora ceduto: i capi griffati Antonio Marras sono made in Italy al 100 per 100. Quelli che disegna per Kenzo vengono prodotti parte in Italia, il resto in Francia, Portogallo e Turchia. Invece, I'M Isola Marras, ovvero la linea giovane realizzata in partnership con Stefanel, viene parzialmente prodotta in Cina. «Io sono un fanatico dell'italianità - dice lo stilista -, da bravo sardo ho un rispetto addirittura sacrale per le radici. Però bisogna anche fare i conti con le realtà che ci circondano, ovvero Zara e la gente che entra nei negozi solo se vede prezzi bassi». Da Parigi, dove nel frattempo continuano le sfilate con punte di assoluta maestria da parte del solito Alber Elbaz (in passerella l'altro giorno con un'indimenticabile collezione Lanvin) e della giovane Phoebe Philo acclamata ieri per la sua seconda ottima prova come direttore artistico di Celine, arrivano diverse voci d'imprenditori. Per esempio Luigi Maramotti, presidente del Gruppo Max Mara, che ieri ha presentato nel rinnovato megastore di Avenue Montaigne una superba collezione Atelier, ha dichiarato: «Il mercato sta reggendo, c'è un nuovo entusiasmo in giro, per lo meno a livello di atteggiamenti: la gente è stufa di discorsi apocalittici».

Poi però l'imprenditore dice che ci vorranno almeno due anni per uscire dal guado e che c'è una nuova consapevolezza nell'acquisto.

Tradotto in formule economiche il famoso rapporto qualità-prezzo deve essere straordinario. Marras parla di tirannia dei prezzi, Capasa spiega che la filiera è talmente cara che alla fine se ti resta attaccato il 2, massimo 3 per cento sei fortunato.

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