Un adolescente di 16 anni ha rischiato di morire a causa di un'acuta infezione polmonare indotta dal consumo abituale di sigarette elettroniche. Il caso, esploso a Nottingham, in Inghilterra, è il primo accertato in Europa dopo i circa 2000 decessi da e-cig registrati negli Stati Uniti negli ultimi due anni. Si infiamma la polemica sullo svapo.
Quando ha cominciato a svapare, Ewan Fisher, il protagonista di questa terribile vicenda, era il 2017 e il giovane non pensava che avrebbe trascorso sei lunghi mesi della sua vita attaccato ad un respiratore meccanico. Eppure, è proprio così che è andata. La scelta di abbandonare le sigarette tradizionali, in favore di quelle elettroniche, era stata dettata dalla ferma volontà di migliorare la propria condizione atletica. Era un pugile, amava perdutamente la boxe e avrebbe voluto affermarsi in questa disciplina. Ma poi, ha dovuto appendere i guantoni al chiodo e forse, accantonare anche un bel po' di ambizioni. Tutto per colpa dello svapo.
Il suo interminabile calvario è cominciato nel 2017. Era il maggio di quell'anno quando ha cominciato a soffrire di un notevole affaticamento respiratorio. Aveva creduto si trattasse di una comune forma di bronchite, dunque aveva assunto antibiotici per spegnere l'infezione in associazione ad antistaminci per contrastare un ininterrotto stato febbrile. Finchè una notte non è stato male, molto. La madre di Ewan notò che il figlio annaspava nel sonno, fino quasi a soffocare. Preoccupata dalle circostanze, lo trasportò in emergenza presso il Queen's medical Center di Nottigham. Le sue condizioni erano disperate, tanto che si decise per un ricovero immediato in rianimazione. I medici optarono subito per una ventilazione artificiale ma, nonostante la tempestività dell'intervento, il suo corpo stentava a reagire. Dunque, nel giro di poche ore, fu trasferito all' ospedale specializzato di Leicester, attaccato ad un polmone artificiale. Per salvargli la vita, fu necessario aspirare dai suoi polmoni grosse quantità di anidride carbonica che avevano sedimentato nel suo sangue. Fu solo così che si riuscì a ristabilire al minimo i parametri vitali.
A seguito di complessi ed articolati esami clinici, e dopo una impegnativa attività di indagine, gli specialisti sono riusciti a diagnosticare con esattezza scientifica la natura del grave deficit respiratorio. Edwar aveva sviluppato una patologia chiamata "polmonite da ipersensibilità", un particolare tipo di infiammazione infettiva che, nel tempo, gli aveva causato una defezione (quasi mortale) del sistema immunitario. E quando i ricercatori hanno analizzato uno dei liquidi contenuto nelle sigarette che era solito consumare, non hanno avuto più alcun dubbio: il sedicenne aveva rischiato la pelle a causa dello svapo.
Ne è certo ancora oggi, a due anni di distanza dall'incidente, il dottor Jayesh Bhatt, luminare in malattie polmonari e consulente straordinario delle Università di Nottigham, cha ha analizzato il caso esemplare del 16enne emerso pochi giorni fa sulla rivista Archieves of Disease in Childhood. "Lo svapo non è sicuro, soprattutto per i giovani - afferma l'esperto - Le sigarette elettroniche richiedoni uno sforzo respiratorio eccessivo a danno dei polmoni che pagano a caro prezzo. Considerarle più sicure del tabacco e, quindi avallarne l'utilizzo, può mettere a repentaglio la nostra salute tanto quanto le sigarette tradizionali. Possiamo fumarle, ma a nostro rischio e pericolo".
Intanto Ewan, che ha compiuto 19 anni lo scorso martedì, è in lenta ripresa. "Non sono ancora tornato alla normalità - dichiara ai microfoni della BBC - Lo svapo mi ha praticamente rovinato la vita. Provo a ripeterlo ai miei coetanei di non fumare ma loro credono che sia stupido. Basterebbe guardare cosa mi è accaduto per domandarsi 'ma ne vale veramente la pena?"
Secondo quanto riferiscono i media stranieri, l'Organizzazione mondiale della sanità afferma che le sigarette elettroniche sono "senza dubbio dannose e dovrebbero essere soggette a regolamentazione". Ciò che desta maggiore preoccupazioni è che lo svapo sia commercializzato in modo seduttivo nei confronti dei giovani che, incentivati all'acquisto di aromi, ne abusano con leggerezza.
La validità delle e-cig era stata messa in discussione dopo il decesso sospetto di 39 persone negli Stati Uniti, a cui si sono aggiunti 2.051 casi di catastrofiche malattie polmonari da vaping. La maggior parte degli episodi era stata collegato al livello elevato di THC, l'ingrediente psicoattivo della cannabis. Ma nel caso di Ewan Fisher si è trattato di sigarette standard.
In merito a questo caso è intervenuta anche ANAFE - l’Associazione Nazionale Produttori Fumo Elettronico aderente a Confindustria che ricorda le parole del dottor Nick Hopkinson, direttore medico della British Lung Foundation: “Se le persone passassero completamente dalla sigaretta tradizionale al vaping, ridurrebbero sostanzialmente il rischio per la loro salute dato che le e-cig non contengono tabaggo e ogni componente dannosa è presente a livelli decisamente inferiori. Chi ha fatto il passaggio, nel lungo periodo dovrebbe cercare di smettere anche col vaping, ma non a costo di ricadere nel fumo e i non fumatori non dovrebbero iniziare a svapare”. Il professore John Britton, direttore dello UK Centre for Tobacco and Alcohol Studies dell’Università di Nottingham e direttore del dipartimento Health Improvement di Public Health England ha invece detto: “È preoccupante e bisogna approfondire la conoscenza del rischio, ma in termini assoluti è estremamente basso e, soprattutto, molto più basso di quello del fumo tradizionale. Il consiglio rimane sempre lo stesso: se fumi, passa al vaping; se non fumi, non svapare”. Poi sempre Anafe ricorda, riguardo ai "casi americani" "l’importante aggiornamento fornito l’8 novembre dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc). Questi, infatti, hanno comunicato di avere indentificato nella vitamina E acetato – un ingrediente aggiunto ai prodotti a base di tetraidrocannabinolo (Thc), uno dei principi attivi della cannabis – una causa molto forte delle malattie respiratorie su cui gli stessi Cdc, insieme alla Food and Drug Administration (FDA), ai dipartimenti sanitari statali e regionali statunitensi, hanno indagato negli ultimi mesi.
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