Cliniche mobili, navi e robot: così vengono aggirati i divieti sull'aborto

Planned Parenthood ha annunciato il lancio di una clinica mobile per garantire il diritto all'aborto negli Stati Uniti. Alternativa? L'aborto in mare, su cliniche galleggianti

Cliniche mobili, navi e robot: così vengono aggirati i divieti sull'aborto

Da quando la Corte Suprema Usa ha cancellato la sentenza Roe vs Wade, che dal 1973 garantiva su scala federale la facoltà per le donne incinte di praticare l’aborto, delegando così la scelta ai singoli Stati, il fronte anti-abortista e ultra-progressista si è organizzato per aggirare le restrizioni che gli Stati conservatori hanno introdotto in materia, come Utah, South Dakota, Kentucky, Louisiana, Oklahoma, Missouri e Arkansas. In che modo? Attraverso cliniche mobili e galleggianti. La scorsa settimana Planned Parenthood, la più famosa rete di organizzazioni pro-aborto d'America, ha annunciato la sua nuova clinica mobile che consentirà alle donne di abortire: un camper che rimarrà in Illinois ma viaggerà vicino ai confini degli Stati adiacenti che hanno vietato la procedura da quando la Corte Suprema ha ribaltato la Roe v. Wade.

L'Illinois, infatti, non ha istituito il divieto di abortire, ma lo hanno fatto i vicini Missouri, Kentucky e Tennessee, insieme a molti altri Stati del sud e del Midwest citati poc'anzi. "La clinica mobile per l'aborto è un modo per ridurre i tempi di viaggio e le distanze per incontrare i pazienti al confine con l'Illinois", ha affermato la dottoressa McNicholas, direttore medico dell'ufficio di St. Louis di Planned Parenthood. La clinica comprenderà due sale d'esame, un laboratorio e una sala d'attesa. Inizialmente, fornirà aborti farmacologici fino a 11 settimane di gestazione. L'obiettivo di Planned Parenthood è quello di praticare, nel prossimo futuro, anche aborti chirurgici.

Aborto in mare

L'alternativa è quella di abortire in mare, su una clinica galleggiante. Come riporta La Stampa, Meg Autry, ginecologa e docente dell'Università della California a San Francisco, insieme a un gruppo di colleghi sta organizzando un laboratorio galleggiante destinato a offrire aborti chirurgici e altre prestazioni a bordo di una nave nelle acque Usa della Costa del Golfo. L'imbarcazione, naturalmente, viaggerebbe in acque in cui la procedura dell'aborto è consentita. Autry l'ha definita "un'opzione per le pazienti che non hanno altre possibilità". All'iniziativa di Med Autry si aggiunge quella di una "veterana" degli aborti in mare: parliamo della Ong con sede nei Paesi Bassi Women on Waves, fondata nel 1999 dalla dottoressa Rebecca Gomperts.

Le iniziative dell'organizzazione contemplano viaggi in mare in Paesi in cui l'aborto è illegale, oltre alla sviluppo di progetti artistici, azioni legali, seminari di educazione sessuale e conoscenze mediche. Dopo aver completato la sua formazione come ostetricia, Rebecca Gomperts ha lavorato come medico a bordo della nave di Greenpeace, la Rainbow Warrior II. In Sud America, si legge sul sito della Ong, ha incontrato molte donne che soffrivano sia fisicamente che psicologicamente a causa di gravidanze indesiderate e della mancanza di accesso ad un aborto sicuro e legale.

Il robot che consegna le pillole per l'interruzione di gravidanza

A sud del confine meridionale, in Messico, lo scorso anno la Ong della dottoresa Gomberts, insieme ad altre associazioni femministe e pro-aborto, ha presentato il robot "rAborta" che distribuisce pillole abortive. In origine, si trattava di un robot "Dogness" utilizzato dai proprietari di cani per vegliare e parlare con loro. Un piccolo robot, alto appena 30 centimetri, con ruote e fotocamera incorporata. Gestito tramite un'applicazione mobile dalla capitale messicana, il suo obiettivo è quello di fornire pillole alle donne per l'interruzione di gravidanza. Dei 32 stati messicani, solo quattro, infatti - Città del Messico, Oaxaca, Hidalgo e Veracruz - hanno legalizzato l'aborto fino a 12 settimane di gestazione, indipendentemente dalla causa.

Nella maggior parte del Paese, abortire rimane illegale, tranne nei casi di stupro e in alcune zone se la vita di una donna è stata minacciata. Questo nonostante la sentenza del 9 settembre 2021 della Corte suprema del Messico che ha giudicato incostituzionale la legge che vieta l’aborto nello stato settentrionale di Coahuila.

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