Il prossimo 18 settembre dovrà comparire davanti ai giudici, per difendersi dall'accusa di "campagna di molestie mirata". La colpa di Kate Scottow, 38 anni e madre di due figli, è stata quella di definire "uomo" l'attivista transgender Stephanie Hayden.
Nel dicembre dello scorso anno, tre agenti di polizia erano piombati a casa di Kate, a Hitchin, nell'Hertfordshire in Inghilterra, e l'avevano portata in commissariato, davanti agli occhi dei deu figli, una bimba autistica di 10 anni e un bambino di 20 mesi. Ma, prima di essere interrogata, la donna era stata detenuta per sette ore in una cella di sicurezza.
La donna è accusata di essersi rivolta alla Hayden chiamandola secondo la sua identità biologica e non quella percepita dal transessuale. Non solo. Secondo l'accusa, la 38enne avrebbe anche usato i social per "molestare, diffamare e pubblicare tweet oltraggiosi e diffamatori" nei confronti dell'attivista. Tutte accuse negate con forza dalla Scottow, che ha ammesso solamente di essere convinta che un essere umano "non può realmente cambiare sesso".
Niente da fare. Come ricorda la Verità, il giudice aveva infatti deciso di emettere un'ingiunzione provvisoria, intimando alla donna di non pubblicare più sui social nessuna informazione sulla Hayden che facesse "riferimento a lei come un uomo" e nessun post che facesse riferimento alla sua "precedente identità maschile". Dopo la vicenda e l'arresto della donna, è stata avviata un'indagine, conclusasi il 21 agosto con la formulazione delle accuse, da cui la 38enne dovrà difendersi, tra qualche settimana.
Accuse del genere non sono nuove in Gran Bretagna, dove già il marzo scorso un'altra donna era stata accusata di "transofobia".
Lei, però, non aveva dovuto affrontare il processo, perché il giudice aveva stabilito il non luogo a procedere.Situazione diversa per la Scottow, che dovrà affrontare un processo, colpevole di aver chiamato "uomo", una persona diventata donna.
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