Disagio psicologico e voglia di vendetta nei foreign fighters

L'ultima relazione dei servizi segreti al parlamento traccia il profilo psicologico dei numerosi stranieri che vanno a combattere il Jihad unendosi al Califfato

Disagio psicologico e voglia di vendetta nei foreign fighters

I foreign fighters preoccupano sempre di più. Il fenomeno ormai ha superato, in termini numerici, qualsiasi precedente afflusso di combattenti stranieri in un teatro di jihad (Afghanistan, Bosnia, Iraq). Nell'ultima relazione dei servizi segreti al parlamento si legge che gli aspiranti mujahidin partiti per la Siria e l'Iraq sarebbero circa 30.000 (tra combattenti attivi, rientrati nei Paesi di origine, arrestati e deceduti), provenienti da più di cento nazioni. Una vera e propria multinazionale del terrore. Quasi il 60% di essi sarebbe partito dal Medio Oriente (con Arabia Saudita e Giordania in testa) e dal Nord Africa, 5mila combattenti proverrebbero invece dall'Europa. Significativamente nutrita la componente dei Balcani occidentali, con più di 900 volontari da Kosovo, Bosnia Erzegovina, Macedonia e Albania, a conferma della centralità assunta dalla regione d'Oltreadriatico nelle dinamiche dell'estremismo islamista.

Per le sue implicazioni nel medio e lungo periodo, il fenomeno dei foreign fighters va considerato anche in relazione a quello collegato del reducismo, che annovera oltre agli ex combattenti disillusi, soggetti dal profilo diversificato, ma tutti con addestramento militare ed esperienza maturata sul campo di battaglia.

Nella casistica a maggior rischio figurano in particolare: individui che, dopo il loro ritorno in Patria, evidenziano disagio psicologico e problemi comportamentali (ad esempio con violenze nei confronti di altre persone, con apparenti segni di stress post-traumatico). Elementi rientrati dall'area di conflitto a causa di ferite o problemi familiari/individuali, ma che continuino a coltivare idee estremiste e propositi offensivi. Militanti autodeterminati a compiere attacchi nei Paesi in cui ritornano, da soli o in coordinamento con altri (inclusi supporters locali), ovvero appositamente inviati da organizzazioni terroristiche interessate a costituire cellule dormienti.

Ai returnees sono associati, in termini di potenziale della minaccia, i cosiddetti commuters (pendolari), quei soggetti in grado di viaggiare più volte dal teatro di jihad all'Occidente e viceversa, sfuggendo alle maglie dei controlli.

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