Ecco perché Alexis Tsipras non uscirà dalla politica

L'ex premier sconfitto ma al tempo stesso ancora politicamente vivo: Alexis Tsipras si prepara allo scenario forse a lui più congeniale, quello cioè di leader di una forte opposizione

Ecco perché Alexis Tsipras non uscirà dalla politica

Con riferimento alla storia ellenica, spesso si usa il termine “Vittoria di Pirro”. Questa volta però, per Alexis Tsipras, il concetto è diametralmente opposto: sconfitto sì, ma non troppo e non del tutto.

Il premier uscente, alla guida del governo con la sua Syriza dal 2015, sa già da settimane di non avere chance di vittoria in queste seste elezioni anticipate consecutive in Grecia. La luna di miele con l’elettorato dura poco, termina dopo le riforme disattese successive al referendum che nel luglio 2015 boccia il nuovo piano lacrime sangue voluto dalla troika. In quell’occasione i greci sembrano aver trovato la giusta via per uscire fuori da una situazione che li vede da cinque anni oramai tartassati, ingabbiati in un’austerità che manda il paese allo sbaraglio.

Poi Tsipras però si accorda con la troika per un piano forse ancora più pesante, per i greci è una mazzata morale molto importante, il premier convoca immediate elezioni anticipate che vince con il supporto di Anel solo perché l’elettorato non è pronto ad un immediato ritorno di Nuova Democrazia.

Ma in questi quattro anni Tsipras arranca, tra piccoli incentivi contro la povertà quali l’elettricità gratis per chi non può pagare le bollette od il pagamento degli affitti per chi rischia lo sfratto, ed un'economia che, nei fatti, resta ferma con soprattutto una popolazione ridotta allo stremo che non riesce a vedere reali benefici.

Per cui anche i quadri di Syriza si aspettano la bocciatura finale da parte dei greci, i quali quindi virano per un repentino ritorno al passato ed un governo che passa nelle mani di Nuova Democrazia.

Come detto però, la bocciatura non è sonora: con il suo 31% Syriza va oltre le aspettative ed oltre a quanto ottenuto nelle ultime europee e, soprattutto, Tsipras può guidare un gruppo parlamentare di 86 deputati ed in tal modo può essere leader di una forte opposizione.

Sono numeri, quelli del premier uscente, che gli impediscono di formare un nuovo governo, come nelle previsioni, ma difficilmente lo mettono sull’uscio della politica greca.

Del resto già nel 2015 dal quartier generale di Syriza non si fanno illusioni: arrivare a fine legislatura appare difficile, riconfermarsi quasi impossibile per un partito tutto sommato giovane e che non appare ramificato sui territori. Vincere è stato possibile a causa del malcontento, la vera sfida è consolidarsi nel tempo.

E, da questo punto di vista, Tsipras può dirsi soddisfatto: superare il 30% fa sì che Syriza si attesti come importante forza parlamentare in grado di guidare una forte opposizione alla nuova maggioranza. La Grecia torna, con queste elezioni, ad un bipolarismo quasi perfetto con la differenza che, al posto dei socialdemocratici del Pasok, vi è la sinistra radicale guidata da Tsipras.

Per Syriza questo non è un risultato da poco, né tanto meno può definirsi scontato alla vigilia. E chi già da settimane si prepara, all’interno del partito, a chiedere la testa di Tsipras prevedendo un forte distacco dal centro – destra adesso deve ricredersi.

La sconfitta di Tsipras è sì netta e niente affatto indolore, ma al tempo stesso non è così ampia da mettere serie incognite

sul suo futuro politico. Per l’oramai ex premier forse è preferibile questo scenario: meglio poter fare una forte opposizione con una tenue sconfitta che andare incontro a possibili nuove vittorie di Pirro, per l’appunto.

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