La scure della giustizia egiziana si abbatte sulla libertà di stampa, con una sentenza che ha il sapore politico della vendetta, o resa dei conti che dir si voglia. Tre giornalisti di Al Jazeera sono stati condannati per aver "diffuso notizie false" e appoggiato l’ex presidente Mohamed Morsi e i Fratelli Musulmani, organizzazione "terroristica" per le autorità egiziane. I giornalisti furono arrestati il 29 dicembre 2013 in un hotel dove soggiornavano al Cairo. Il 23 giugno dello scorso anno la Corte d’assise condannò Peter Grestie e Mohamed Fahmi a 7 anni di reclusione, mentre Mohamed Baher a 10 anni di prigione. Più dura la condanna a Baher venne perché trovato in possesso, secondo l’accusa, di un proiettile. La sentenza scatenò critiche e polemiche da parte delle associazioni che difendono la libertà di stampa e gli attivisti per i diritti umani (Amnesty parlò di "farsa totale"). Il 1° gennaio 2015 la Corte di Cassazione annullò il processo e dispose che venisse rifatto. Il primo febbraio 2015 le autorità egiziane hanno rilasciato l’australiano Greste e lo hanno espulso dal Paese. Gli altri due reporter furono poi scarcerati su cauzione, ma restano in libertà vigilata.
"La sentenza odierna è un altro attacco deliberato alla libertà di stampa", ha detto il direttore generale di Al Jazeera Media Network, Mostefa Souag. "È un brutto giorno per la magistratura egiziana, invece di difendere le libertà e un’informazione libera e corretta hanno sacrificato la loro indipendenza per motivi politici".
Ad assistere alla lettura della sentenza di condanna era presente Amal Alamuddin Clooney, legale di Mohammed Fahmy e moglie del famoso attore americano. È la prima volta che l'avvocato Alamuddin appare in tribunale in Egitto.
"Scioccato. Indignato. Arrabbiato. Sconvolto. Nessuna di questa parole descrive come mi sento in questo momento". A scriverlo, su Twitter, è l’australiano Greste, uno dei tre giornalisti di al-Jazeera nel mirino della giustizia egiziana. "La condanna a tre anni per Bahrooz, MFFahmy11 e me è assolutamente sbagliata", aggiunge Greste, condannato in contumacia. Greste si trova infatti a Sydney dopo essere stato scarcerato a inizio anno ed espulso dall’Egitto.
Molto duro anche il commento di Amnesty International, che parla di affronto alla giustizia: "La campana suona a morto per la libertà di espressione in Egitto. È un verdetto ridicolo - tuona Philip Luther, direttore per il Medio Oriente e il Nord Africa - che colpisce al cuore la libertà di espressione in Egitto. Le accuse contro Mohamed Fahmy, Peter Greste e Baher Mohamed sono state sempre prive di fondamento e politicizzate, non avrebbero mai dovuto essere arrestati e processati.
La sentenza odierna va immediatamente ribaltata, a Mohamed Fahmy e Baher Mohamed deve essere concessa la libertà senza condizioni. Li consideriamo prigionieri di coscienza, condannati al carcere solo per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.