Egyptair, è giallo sul relitto

Secondo fonti della Difesa greca i frammenti finora ritrovati in mare non appartengono ad un aereo

Egyptair, è giallo sul relitto

Si apre un giallo sul relitto dell'aereo dell'Egyptair: il capo dell'agenzia greca per la sicurezza sul volo ha affermato che i frammenti finora ritrovati in mare non appartengono ad un aereo, quindi non sarebbero dell'Airbus sparito la scorsa notte nel Mediterraneo orientale, smentendo così quanto precedentemente affermato alla Cnn il vicepresidente dell'Egyptair. "Una verifica sui ritrovamenti mostra che non appartengono ad un velivolo", ha detto Athanassios Binis, capo dell'Autorità greca per la sicurezza del volo e le indagini sugli incidenti, aggiungendo che ciò è stato confermato dalle autorità del Cairo.

Contrariamente a quanto annunciato nel pomeriggio dal vicepresidente della compagnia Ahmed Adel, dopo la smentita delle autorita greche, lo stesso Adel ha riconosciuto che le sue dichiarazioni sul ritrovamento del delitto erano assolutamente premature. Il caso comunque conferma il caos nella gestione delle emergenze da parte delle autorità egiziane. Le dichiarazioni di Adel erano state confermate a stretto giro ufficialmente dal ministero dell'Aviazione Civile che dagli Esteri.

Intanto, anche se finora non è arrivata alcuna rivendicazione, l'ombra del terrorismo si insinua tra le ipotesi che si sono rincorse per tutto il giorno sulle cause del disastro. I primi a evocare, al condizionale e con prudenza, il terrorismo, sono stati gli egiziani per bocca del ministro dell'aviazione Sherif Fatih dopo che il presidente francese Francois Hollande aveva detto di non escludere "nessuna ipotesi". E poi l'intelligence russa, seguita da fonti americane che hanno parlato di "bomba", salvo poi fare parziale marcia indietro in serata con il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest, per il quale è ancora troppo presto dire che cosa può aver provocato la tragedia. A Hillary Clinton, invece, "sembra proprio un atto di terrorismo".

I movimenti dell'aereo nelle ultime 24 ore di certo non tranquillizzano. Secondo il sito specializzato FlightRadar24 il 18 maggio all'1:30 GMT ha lasciato Asmara, in Eritrea, alla volta del Cairo. Poi ha fatto un'andata e ritorno tra la capitale egiziana (6:21) e Tunisi (10:53), e quindi dal Cairo (14:50) è partito per Parigi, che ha lasciato ieri sera alle 21:09. Un percorso in capitali dove il rischio terrorismo è altissimo e di possibili falle nella sicurezza ce ne potrebbe essere più di una. Ad alimentare le paure di un ennesimo 'atto di guerrà del terrorismo jihadista i molti misteri che i rottami dell'aereo, per ora, si sono portati sul fondo del mare. Le fiamme avvistate in cielo questa notte, a 240 chilometri a sud dell'isola greca di Karpathos, dal capitano di un mercantile potrebbero far pensare a una bomba o a un kamikaze che si è fatto esplodere, magari non prima di aver minacciato il pilota. Il che potrebbe spiegare le virate scomposte che hanno fatto precipitare l'aereo da 37.000 a 15.000 piedi, ma non dà indicazioni sui perchè. Solita strategia del terrore in un perimetro che ormai è un obiettivo 'standard': Parigi e dintorni, Egitto e dintorni, con una sintesi - se così fosse - che qualche cultore del macabro potrebbe definire 'mirabilè. Poco più che a metà strada tra i due. O forse i terroristi avevano un obiettivo più preciso: qualcuno a bordo da far fuori. Tra i passeggeri noti c'erano Ahmed Helal, egiziano, direttore di Procter & Gamble negli stabilimenti industriali di Amiens; la cognata di Hisham el-Maqawad, numero due dell'ambasciata egiziana; Sahar al-Khawaga, donna che lavorava all'ambasciata saudita al Cairo. E forse qualcuno del quale le generalità non sono state rese note. Improbabile, secondo molti, l'ipotesi che l'Airbus A320 possa essere stato colpito da un missile. Rita Katz, sul Site, scrive che i missili antiaerei di cui dispone l'Isis - se di Isis si tratta - non sono comunque in grado di raggiungere un velivolo in volo a quell'altezza. E, in un altro tweet, ricorda che l'attentato all'Airbus 321 di una compagnia siberiana in Sinai l'autunno scorso (224 morti, quasi tutti turisti russi di ritorno da Sharm el Sheik), è stato rivendicato dai jihadisti meno di 5 ore dopo. Come dire, difficile pensare che non si rivendichi la paternità di un atto del genere.

Ma se molti, con più o meno cautela, hanno provato a cercare tra le pieghe della guerra jihadista all'Occidente o tra possibili rese di conti interne agli intrecci che attraversano le lande mediorientali e nordafricane, sono davvero pochi quelli che credono a un guasto.

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