Non occorre attendere la proclamazione ufficiale dei risultati ad Istanbul per capire chi è il nuovo sindaco: con il 60% delle schede scrutinate, la metropoli turca sa già chi la governerà per i prossimi quattro anni.
Si tratta di Ekrem Imamoglu, candidato del partito Chp ossia dei laici da 25 anni all’opposizione ad Istanbul e dal 2002 in minoranza rispetto all’Akp del presidente Erdogan.
L’annuncio ufficiale dell’esito è atteso per le 20:00, ma questa volta non occorre attendere né l’esito finale e né eventuali ricorsi come accaduto il 31 marzo scorso, quando Imamoglu vince con il minimo scarto di 130.000 voti ma le consultazioni vengono annullate per presunte irregolarità nel conteggio.
Questa volta la forbice è molto più ampia: Imamoglu, sostenuto non solo dal Chp ma anche da altri partiti dell’opposizione compresi i filo curdi dell’Hdp, ha il 55% dei consensi e stacca il fedelissimo di Erdogan, l’ex premier Binali Yildirim. Quest’ultimo, dato come favorito lo scorso 31 marzo, è sostenuto dall’Akp e nelle scorse consultazioni la sua candidatura riceve il forte supporto dello stesso Erdogan.
Ma la sconfitta del 31 marzo ed il ricorso dell'Akp che porta all'annullamento del voto, ne minano la popolarità ed adesso Yildirim va incontro ad un risultato piuttosto modesto. Così come riportato dall’agenzia turca Anadolu, l’ex premier riconosce la sconfitta ed augura buon lavoro al nuovo sindaco di Istanbul.
Per il Chp e per tutte le opposizioni, questo è il momento tanto atteso: già alla vigilia il successo di Imamoglu è nell’aria e lo stesso Erdogan partecipa sporadicamente solo agli ultimi comizi, fiutando una non indifferente sconfitta nella città economicamente più importante della Turchia.
“Chi prende Istanbul prende il paese”, ripete del resto a marzo proprio Erdogan e questa frase oggi si rivela un boomerang. Le opposizioni, dopo circa un quarto di secolo, tornano al governo in importanti centri ed hanno in mano le tre principali città del paese: oltre Istanbul appena conquistata, anche la capitale Ankara e Smirne, queste ultime “capitolate” già lo scorso 31 marzo.
A pesare sulla sconfitta ad Istanbul, l’insoddisfazione del ceto urbano alle prese con le difficoltà economiche emerse da due anni a questa parte e che adesso prova a cercare alternative alla forte leadership di Erdogan. Il presidente incassa la sconfitta e sa che dovrà impegnarsi nei prossimi anni per evitare di veder messo in discussione il suo potere: del resto, la sua scalata al vertice della Turchia inizia quando nel 1994 vince a sorpresa le amministrative ad Istanbul.
Con questo risultato, si evidenzia ancora una volta un paese spaccato a metà: da un lato i contesti metropolitani che iniziano a voltare le spalle ad Erdogan, dall’altro le province dell’Anatolia che invece si confermano zoccolo duro dell’elettorato dell’Akp. Un contesto già emerso in occasione del referendum costituzionale del 2017, passato per un pugno di voti soltanto grazie alle preferenze delle regioni anatoliche e dei turchi all’estero.
L’unica speranza per Erdogan, al momento è rappresentata dalla mancanza di nuove tornate elettorali fino al 2021: un
arco temporale in cui il leader turco ed il suo Akp cercheranno a leccarsi le ferite ed a riprendere quota. Intanto oggi, dopo 25 anni, c’è una parte di Turchia che prova a costruire un’alternativa al potere del “sultano”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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