Tra le mani, un mazzo di rose rosse da appoggiare sul feretro. Il passo spedito, lo sguardo commosso senza eccessi: mai tradire le emozioni. In una delle sue rare apparizioni in pubblico, stamani Vladimir Putin si è presentato così al funerale del nazionalista Zhirinovsky, suo stretto alleato e figura emblematica della politica post-sovietica. Al ferale evento, però, lo Zar non ci è andato da solo. Il dettaglio che fa la differenza è emerso proprio mentre il capo del Cremlino faceva ingresso nella camera ardente. Dietro di sé, Putin aveva infatti un agente di sicurezza che reggeva una valigetta: secondo alcuni la famigerata Chaget con i codici nucleari.
Anche in altre occasioni il presidente russo era apparso fuori dal Cremlino con quella valigetta accanto a sé. Sempre custodita da un uomo armato e osservata a poca distanza da altrettanti agenti pronti a intervenire. Putin - assicura chi lo segue da tempo - non se ne separa mai. Il fatto che la Chaget avrebbe fatto una fugace apparizione davanti alle telecamere anche oggi sarebbe, secondo gli osseratori esterni, un segno della maniacale ossessione dello Zar per quel temuto ed emblematico strumento di potere e di morte. In tutto, in un momento in cui la sua leadership necessita di apparire come solida e inscalfibile anche (e soprattutto) davanti all'opinione pubblica.
La valigetta in questione, per l'esattezza, sarebbe solo una delle tre esistenti e affidate ad altrettante persone diverse. Oltre a Putin, i possessori dei condici nucleari sono infatti il ministro della Difesa Shoigu e il capo dell'esercito Gerasimov: uomini chiave dell'organigramma di comando dei quali nelle scorse settimane era stata notata un'improvvisa e sospetto assenza dalle scene. Affinché avvenga il lancio della atomica russa, la conferma dell'ordine deve arrivare da tutte e tre le massime autorità citate. Se una di esse non attiva il codice chiave o annulla l'ordine, il lancio viene abortito.
Dall'inizio delle operazioni militari in Ucraina, lo stesso presidente russo aveva più volte evocato la minaccia atomica, in particolare come reazione alle eventuali intromissioni della Nato nel conflitto. Lo stesso avevano fatto i suoi più stretti collaboratori, dal ministro degli Esteri Lavrov al consigliere Medvedev. E oggi la valigetta con cui si azionano le testate nucleari forse era proprio lì, accanto al capo del Cremlino.
Anche durante un momento funebre, che è coinciso anche con la seconda apparizione pubblica dello Zar dall'inizio della cosiddetta "operazione speciale". La precedente e prima occasione era stata il grande evento propagandistico del 18 marzo scorso.
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