A quanto pare negli Stati Uniti il pericolo di diffondere il contagio durante una manifestazione di piazza è valido solo se a scendere in strada sono i conservatori che protestavano contro il confinamento, se invece si tratta delle migliaia di persone assembrate per il movimento Black Lives Matter, va tutto bene.
Quello che nei primi giorni delle proteste seguite alla morte terribile di George Floyd era stato detto a mezza bocca da qualche medico che riteneva le proteste “un profondo intervento di sanità pubblica, perché ci consente di affrontare finalmente e porre fine alle forme di disuguaglianza” ora è stato messo nero su bianco da una petizione firmata da circa 1300 epidemiologi e altro personale della sanità statunitense: gli americani devono adottare una posizione "consapevolmente anti-razzista" e inquadrare la differenza tra i manifestanti anti-blocco e i manifestanti in termini morali, ideologici e razziali.
Come riportato dal New York Times la folle tesi dei medici pro Blm è che coloro che hanno protestato contro gli ordini di rimanere a casa erano "radicati nel nazionalismo bianco e sono contrari al rispetto per le vite nere", come si può leggere nella petizione.
Al contrario, si afferma, coloro che protestano contro il razzismo sistemico "devono essere sostenuti" senza timori che possano diffondere ulteriormente il contagio in un Paese che è al primo posto al mondo per numero di infetti.
"Come sostenitori della salute pubblica" si legge "non condanniamo questi incontri come rischiosi per la trasmissione di Covid-19. Li sosteniamo fondamentali per la salute pubblica nazionale".
Una vera e propria follia, non solo dal punto di vista sanitario. La tesi di fondo, infatti, è che se la protesta proviene dagli ambienti “di destra” allora non è mai legittima, e diventa un pericolo per la società a prescindere dalla diffusione del virus. Il pericolo contagio è stato infatti palesemente usato come pretesto per gettare discredito sulle proteste anti-confinamento messe in atto da parte degli ambienti legati alla destra neocon statunitense. Per onestà intellettuale bisogna dire che durante quelle proteste le persone non indossavano la mascherina, per precisa scelta dettata dallo spirito che le animava, mentre durante le manifestazioni del movimento Blm quasi tutti la portavano, sebbene il cosiddetto “distanziamento sociale” non sia mai stato rispettato.
A ben vedere qualcuno, tra il personale medico sceso in piazza, ha espresso dubbi morali in merito alla questione, ma si tratta di una sparuta minoranza.
Come si legge nel quotidiano newyorkese, al momento non ci sono ancora prove certe che le proteste contro la violenza della polizia abbiano portato a picchi evidenti nei tassi di infezione. Uno studio pubblicato dal National Bureau of Economic Research non ha riscontrato un aumento complessivo delle infezioni ma non ha potuto escludere che le infezioni potrebbero essere aumentate nei manifestanti. Funzionari sanitari di Houston e Los Angeles hanno suggerito che le dimostrazioni hanno portato ad un aumento delle infezioni, ma non hanno fornito dati. A New York City, il sindaco de Blasio ha incaricato il personale deputato al tracciamento dei contatti di chiedere alle persone infette se fossero state in mezzo alla folla, ma non se avessero partecipato a proteste.
I dieci epidemiologi intervistati dal New York Times hanno affermato che marce e raduni tenuti a cadenza quotidiana daranno luogo ad “alcune” trasmissioni.
Il sospetto, però, è che si stia tentando volutamente di far passare questa problematica sotto traccia, a differenza di quanto era successo per le proteste anti-confinamento, animati dal proprio sentimento
politico. È un dato di fatto che i contagi negli Stati Uniti siano prepotentemente tornati a salire nell'ultimo periodo e la tempistica del picco si adatta molto all'inizio delle proteste Blm, compresi i tempi di incubazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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