Sono due gli appuntamenti più importanti riguardanti la politica estera dell’Ue nella prossima settimana: lunedì il consiglio con tutti i ministri degli esteri dei paesi membri, giovedì invece il consiglio europeo.
In entrambi i casi sarà un’occasione per discutere della posizione del vecchio continente sulla questione più spinosa di queste ore, ossia quella inerente l’intervento turco contro i curdi in Siria. Da diversi Stati europei, nonché dalle stesse istituzioni comunitarie, da quando Erdogan ha lanciato l’offensiva sono arrivate parole di condanna ed inviti rivolti ad Ankara a rientrare subito in iniziative meramente politiche.
Fin qui la forma, nella sostanza però l’Ue è profondamente divisa e lo sono, in particolare, i due motori dell’Europa: Germania e Francia. Tra Berlino e Parigi sussistono delle importanti divergenze, destinate ad essere ben più rimarcate nelle due riunioni della prossima settimana.
Questo perché, sulla posizione europea, pesa la minaccia di Erdogan: il presidente turco ieri, dopo altri inviti a non continuare con l’operazione, ha esplicitamente detto ai paesi dell’Ue di evitare intromissioni, pena la riattivazione definitiva della rotta balcanica. Vale a dire, stop agli accordi siglati tra Bruxelles ed Ankara nel 2016, i quali prevedono il pagamento annuo di tre miliardi di Euro alla Turchia in cambio del controllo delle coste.
La prospettiva di vedere nuovamente partire migliaia di migranti verso l’est ed il nord Europa preoccupa la Germania. Tanto che, mentre a Roma il ministro Di Maio ha convocato l’ambasciatore turco ed a Parigi il governo ha esplicitamente parlato di sanzioni contro Ankara, da Berlino emerge un gran silenzio sull’operazione iniziata da Erdogan oramai 48 ore fa.
Anzi, come sottolineato in diversi ambienti diplomatici, il governo di Angela Merkel si è limitato a mostrarsi fiducioso circa la prosecuzione dell’accordo tra Bruxelles ed Ankara. Un modo per tranquillizzare soprattutto l’elettorato interno, timoroso di ritrovarsi nella stessa situazione a cavallo tra 2015 e 2016, quando più di mezzo milioni di profughi hanno varcato il confine tedesco risalendo dalla penisola balcanica.
È questo il segno di come la Germania impedirà verosimilmente, a differenza di quanto proverà a fare la Francia, di far uscire la parola “condanna” dai documenti ufficiali che verranno elaborati nelle riunioni della prossima settimana.
Probabilmente l’esecutivo tedesco ha intenzione di tenere una linea più morbida, volta a non far irrigidire le posizioni della Turchia. L’Europa comunque, difficilmente si muoverà con una voce univoca: l’unica base sarà quella relativa all’invito rivolto alla Turchia a ricercare una soluzione politica al conflitto.
Per il
resto, la differenza di visioni interna al vecchio continente risulterà, nei giorni a seguire, sempre più evidente. E, soprattutto, l'Europa ancora una volta dovrà prendere atto della sua marginalità nel contesto siriano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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